giovedì 9 ottobre 2014

Se ti abbraccio non aver paura - Fulvio Ervas









Titolo: Se ti abbraccio non aver paura. Il viaggio di Franco e Andrea

Autore: Fulvio Ervas

Casa editrice: Marcos y Marcos

Pagine: 319

Prezzo: 17 euro

Chi ha visto Rain Man, forse, immagina che tutte le persone affette da autismo somiglino a Raymond: dotate di qualche capacità prodigiosa, ma al tempo stesso eccentriche, estremamente abitudinarie e non in grado di stabilire relazioni con coloro che li circondano né di vivere in autonomia. Senza nulla togliere al film e agli ottimi interpreti, oggi sappiamo che la realtà dell’autismo è molto più variegata: esistono persone con autismo con un’invidiabile realizzazione professionale, come Temple Grandin, persone che parlano con gli altri, persone che pronunciano solo due parole ogni tanto, persone che amano il contatto fisico. Prima di leggere questo romanzo, credevo che il titolo si riferisse al fatto che esistono soggetti con autismo che detestano essere toccati dagli altri. Andrea Antonello, invece, non ha problemi, anzi, a sua volta abbraccia perfetti sconosciuti, che in genere rimangono un po’ perplessi. Sorride spesso, non è loquace, preferisce alcuni colori e certi cibi, non ha nessuna abilità portentosa. In compenso, ha un papà che lo ama tantissimo e che un bel giorno, nonostante il parere contrario di medici e conoscenti, decide di coinvolgerlo in una grande avventura: un coast to coast in moto. Dalle conversazioni di Franco Antonello con Fulvio Ervas, poi, è nato questo libro. Franco ha pianificato il percorso a grandi linee, ne ha parlato al figlio e sono partiti alla volta di paesaggi nuovi e molto diversi fra loro, per vedere come sono questi Stati Uniti (poi decideranno di continuare in America Latina), per provare cibi mai mangiati, annusare odori insoliti, conoscere persone che parlano un’altra lingua. Ci si può aiutare con il navigatore, con le guide, con i consigli degli amici, anche se alla fine ogni viaggio è una storia a sé e Andre (come lo chiama suo padre), a volte, è un po’ imprevedibile. Franco dice che “Per certi viaggi non si parte mai quando si parte. Si parte prima. A volte molto prima. Sono bastate poche parole: ‘Suo figlio probabilmente è autistico’.” Nel viaggio di vita con Andrea non ci sono bussole né cartelli. Ad oggi, esistono varie ipotesi sulle cause dell’autismo, ma non ci sono certezze e non si sa neanche bene cosa pensino e provino molte persone che vivono questa condizione. Franco cerca di capire se Andrea stia bene, se sia felice, ma la comunicazione fra loro non è semplice. Non esistono manuali per orientarsi nel mondo dell’autismo, non c’è una guida che a pagina 123 ti spieghi cosa fare in una data situazione o in un’altra. I genitori di Andrea cercano di vivere al meglio ogni giorno, ma sanno bene che prima o poi non saranno più lì a prendersi cura del figlio, che, per inciso, ha già diciotto anni, è un bel ragazzo e sembra avere un certo interesse per le coetanee. Riuscirà a costruire la propria indipendenza? Oppure dovrà sempre essere assistito da qualcuno? Franco non ha risposte. Io, nel frattempo, vi consiglio di fare un giro nel mondo di Andrea.




mercoledì 13 agosto 2014

Il lungo sguardo - Elizabeth Jane Howard



Titolo: Il lungo sguardo

Autrice: Elizabeth Jane Howard

Traduzione: Manuela Francescon

Casa editrice: Fazi

Pagine: 511

Prezzo: 17.50 euro

Ebook disponibile


Avevo letto alcune recensioni che presentavano questo romanzo come un testo imperdibile, uno di quei libri da leggere assolutamente o forse, quantomeno, da sfoggiare in salotto. Incuriosita, l’ho comprato e l’ho letto abbastanza velocemente. La tecnica narrativa è senza dubbio interessante e credo innovativa per il periodo in cui il libro fu pubblicato (1956): gli eventi sono raccontati a ritroso dal 1950 al 1926. All’inizio la protagonista, Mrs Antonia Fleming, sta organizzando una cena per festeggiare il fidanzamento del figlio maggiore. Mrs Fleming è una donna non più giovanissima ma ancora piacente, è benestante e vive in una bella casa. Il fulcro di buona parte del romanzo è costituito da un’analisi minuziosa e spietata del matrimonio ventennale di Antonia con Conrad, un uomo egocentrico e curiosamente incapace di esprimere i propri sentimenti in modo convenzionale (lo stile mi ricorda un po’ quello di Virginia Woolf). L’equilibrio precario di marito e moglie si riflette nel rapporto con i figli: la comunicazione spontanea e sincera risulta molto difficile e Julian e Deirde sembrano non sviluppare un legame autentico con i genitori. Una famiglia disfunzionale, diremmo oggi? Chissà, di sicuro poco serena. “Il lungo sguardo” è senza dubbio molto interessante, ma in alcuni punti, secondo me, scorre con una certa lentezza. Non mi è risultato sempre chiaro perché i personaggi si comportassero in un certo modo, e ammetto che, se Antonia fosse stata una mia amica, avrei avuto la tentazione di dirle “Ma lascia perdere Conrad, trovatene un altro più bello che problemi non haJ Mi rendo conto però che sarebbe una semplificazione un po’ ingenua. La stessa Howard (1923-2014) ha avuto un’infanzia non felice e una vita sentimentale piuttosto turbolenta, che forse cercava di razionalizzare traducendola in romanzi. Tutto sommato, “Il lungo sguardo” mi è piaciuto, ma non lo consiglio a chi cerca qualcosa di divertente e leggero: per apprezzarlo occorre una certa dose di pazienza.
 

Elizabeth Jane Howard con Kingsley Amis - suo terzo marito dal 1965 al 1983 - e un simpatico felino.
 

martedì 5 agosto 2014

Vi presento Sally - Elizabeth von Arnim e Sanditon - Jane Austen



Titolo: Vi presento Sally

Autrice: Elizabeth von Arnim

Traduzione: Simona Garavelli

Casa editrice: Bollati Boringhieri

Pagine: 273

Prezzo: 9 euro

 
Ebook disponibile



Salvatia Pinner - detta Sally -, figlia di semplici bottegai inglesi, è una ragazza bellissima, tanto bella da attirare frotte di uomini, non tutti, però, dotati di intenzioni oneste. Per tenere la figlia al sicuro, i Pinner la fanno stare praticamente segregata nel retrobottega, cosa di cui lei non si lamenta, dato che è mansueta e ansiosa di compiacere il prossimo. Questa vita isolata non giova all’istruzione di Sally, che arriva a diciassette anni ignorante come una zappa (mi si perdoni l’espressione). Quando la signora Pinner passa a miglior vita, il padre di Sally - un omino “minuto e spaurito” - è ancora più ossessionato dal destino della figlia, ma un bel giorno entra nel suo piccolo emporio Jocelyn Luke, studente universitario di belle speranze. Naturalmente, gli basta vedere Sally per innamorarsene e decide seduta stante di sposarla. Il signor Pinner è entusiasta e la ragazza non ha obiezioni (la sua frase preferita è “A me mi fa lo stesso”). Dopo due settimane di fidanzamento, che a Jocelyn sembrano eterne perché il futuro suocero non gli permette mai un tête-à-tête con l’amata, i due si sposano e partono per la luna di miele. E qui viene il bello: Sally fa del suo meglio per fare contento “il signor marito”, come lo chiama fra sé e sé, ma la sua ingenuità e ignoranza causano una miriade di divertentissimi equivoci e incidenti. Mentre gli uomini sono ipnotizzati dalla sua bellezza e le donne la detestano per lo stesso motivo, il marito capisce perché il padre la teneva nel retrobottega e la convivenza con il vocabolario misero e le espressioni popolari di Sally si rivela difficile per il colto Jocelyn. Sally sembra destinata a vivere come un pacco stupendo ma molto ingombrante, eppure, a modo suo, riuscirà a volgere gli eventi a proprio favore. Di Elizabeth von Arnim avevo letto Una principessa in fuga, che avevo trovato gradevole ma non entusiasmante; Vi presento Sally, invece, mi è piaciuto molto. Forse i personaggi mi sembrano costruiti meglio e più realistici, o forse Sally mi è risultata più simpatica della principessa Priscilla. Comunque entrambe, per quanto diverse fra loro, sono giovani donne che cercano di crearsi una vita soddisfacente e serena.

Due parole sulla traduzione di Simona Garavelli: non ho letto l’originale, ma immagino che la traduttrice abbia fatto un buon lavoro perché il contrasto fra la povertà espressiva di Sally e l’eloquio fiorito di Jocelyn è evidente e contribuisce alla comicità del romanzo. Il fatto che marito e moglie parlino praticamente due lingue diverse è, a mio avviso, uno dei fili conduttori di questo libro e la traduttrice l’ha reso molto bene.
 
 
Ho immaginato Sally più o meno così: una delicata bellezza preraffaellita (immagine dal web).
 
Titolo: Sanditon
Autrice: Jane Austen
Traduzione: Daniela Paladini
Casa editrice: Newton Compton
Pagine: 124
Prezzo: 1.90 euro
Ebook disponibile
 
Ultimamente ho letto anche Sanditon di Jane Austen e vorrei scrivere due parole su questo libro. Sanditon è il nome di una cittadina che l’intraprendente Mr Parker, con il sostegno economico di Lady Denham, vorrebbe trasformare in una località balneare alla moda. Di Lady Denham la Austen scrive “Ogni paese dovrebbe avere una gran dama” e ci restituisce un ritratto delizioso della sua gioia di vivere, ma anche dei suoi difetti, in primis una certa tirchieria. Il racconto ci viene offerto dalla prospettiva di Charlotte Heywood, figlia di un proprietario terriero, una giovane donna arguta e piena di buonsenso. Buonsenso che sembra fare difetto ad altri personaggi: Mr Parker,  sostenitore entusiasta e acritico di qualsiasi novità, le sue sorelle, sempre preda di malanni misteriosi, sua moglie, adorabile ma praticamente priva di volontà propria. Purtroppo il romanzo è incompiuto, perché la Austen abbandonò il manoscritto quattro mesi prima di morire. La vicenda mi aveva incuriosito molto e mi dispiace non sapere cosa l’autrice aveva progettato per i personaggi (e dire che non sono neanche una fan accanita di Jane Austen). Ho visto però che sono state scritte ben due continuazioni di questo romanzo, entrambe mai tradotte in italiano: A Return to Sanditon di Anne Toledo e  Sanditon: Jene Austen's Unfinished Masterpiece Completed di Juliette Shapiro. Da un lato, mi incuriosiscono, dall’altro è ovvio che, per quanto possano cercare di essere fedeli allo spirito originale, non sono state scritte dalla Austen e probabilmente non sapremo mai se si avvicinano ai suoi piani.  

sabato 5 luglio 2014

Ragazze mancine - Stefania Bertola



Titolo: Ragazze mancine

Autrice: Stefania Bertola

Casa editrice: Einaudi

Pagine: 277

Prezzo: 12 euro

Ebook disponibile


Qualche mese fa avevo letto Romanzo rosa della Bertola e mi era piaciuto. Racconta le vicende di un piccolo gruppo di persone che frequentano un corso per imparare a scrivere, appunto, romanzi rosa. L’avevo trovato molto gradevole: divertente ma non fatuo, a tratti vagamente perfido ma mai cinico. Non un capolavoro imprescindibile, ma di certo un romanzo di intrattenimento ben scritto. Dunque, quando ho visto su uno scaffale della libreria Ragazze mancine, mi sono detta “Perché no?”. Non sono rimasta delusa, anzi, Ragazze mancine mi è piaciuto anche più di Romanzo rosa.  Come in Romanzo rosa, lo sfondo è la città di Torino, dove la Bertola ha vissuto per diversi anni. Le ragazze del titolo sono Adele ed Eva, che si conoscono per caso e non potrebbero essere più diverse. All’inizio, Adele mi è stata un po’ antipatica: ama leggere, visitare musei e viaggiare - e fin qui, ha tutta la mia comprensione -, ma per potersi dedicare ai propri hobby ha sposato un uomo ricco che non amava ma che la manteneva. Se non altro, è molto onesta: dichiara con sincerità che il suo è stato un matrimonio di puro interesse. Purtroppo, un mattino si sveglia e scopre che il marito ha fatto fallire l’azienda ed è scappato all’estero con un’amante bielorussa, per giunta lasciando il cane della bielorussa suddetta proprio a Adele, che detesta i cani. Adele deve quindi lasciare la casa dove abitava, che è stata venduta ai vicini, e ricominciare una nuova vita. Poco dopo, incontra Eva, una ragazza madre squattrinata che fa mille lavoretti per mantenere la figlia e vive in una casa lasciatale provvisoriamente da una zia che ha deciso di farsi suora (ma, come precisa Eva, già una volta aveva vissuto per un po’ in un ashram e poi era tornata a casa, quindi anche ora potrebbe cambiare idea). Eva vive all’insegna della precarietà, ma ha senso pratico, prende le cose come vengono e non si lamenta. Offre ospitalità a Adele, che lì per lì rimane scandalizzata scoprendo che Eva fa la spesa al discount e non ha una connessione a internet, ma poi si adatta. Entrano poi in gioco gli altri personaggi: Clotilde Castelli, un’esperta di poetesse serbe molto facile all’ira, i suoi figli, l’avvocato Marta Biancone, divorzista inflessibile e terrore dei mariti che, incredibilmente, è sposata da tempo con un conte stupidissimo che la riempie di corna… Il romanzo è ricco di citazioni più o meno colte che rendono la lettura molto intrigante e fanno risuonare nel lettore echi di tutti i tipi. Apprezzo i personaggi della Bertola perché risultano molto realistici, mi verrebbe voglia di fare un giro con loro, fermarci in una delle tante pasticcerie di Torino e ascoltare il racconto dei loro problemi quotidiani.

lunedì 30 giugno 2014

Omicidi in pausa pranzo - Viola Veloce



Titolo: Omicidi in pausa pranzo

Autrice: Viola Veloce

Casa editrice: Mondadori

Pagine: 236

Prezzo: 14 euro

Ebook disponibile



Nei ringraziamenti al termine del romanzo, Viola Veloce (è uno pseudonimo) racconta che per molti anni ha inviato i suoi libri agli editori ricevendo solo rifiuti. Dato che voleva capirne il motivo, si è rivolta a vari editor e con la loro collaborazione ha riscritto più volte Omicidi in pausa pranzo. Nel 2013 l’ha autopubblicato su Amazon, si è occupata della pubblicità, ha accolto le critiche dei lettori e ha venduto diecimila copie. A questo punto, le ha scritto la responsabile della Narrativa italiana di Mondadori per dirle che il libro le era piaciuto e l’avrebbe pubblicato volentieri (a condizione che accettasse di apportare alcune correzioni al romanzo). Secondo me, tutto questo dimostra che la possibilità di autopubblicare i propri libri in formato ebook sta diventando sempre più importante: chiunque può raggiungere un vasto pubblico (anche perché spesso i testi autopubblicati costano un euro o poco più), farsi conoscere e magari arrivare ad essere pubblicato da un editore famoso. Grazie ad Amazon, l’autopubblicazione non è più un marchio d’infamia, l’ultima risorsa a cui ricorreva chi non riusciva a trovare una casa editrice seria disposta a investire sul suo libro e si trasformava, per dirla con Umberto Eco, in uno scrittore APS (A Proprie Spese). Naturalmente, va detto che non tutti vendono diecimila copie, anche perché, magari, al contrario di Viola Veloce, non sono disposti ad accettare le critiche e a rimettere mano al romanzo. Ma almeno hanno una possibilità e non devono sborsare denaro a editori cialtroni - ok, si sarà capito come la penso, ma ci tengo a sottolinearlo: se devi pagare per farti pubblicare un libro che hai scritto tu, c’è qualcosa che non va. Niente vieta di farsi pubblicare APS una raccolta di ricette della nonna o di favole della zia da regalare ai parenti, ma questo è un altro discorso.





Veniamo alla trama. Francesca Zanardelli, ragioniera trentenne single, lavora da alcuni anni nell’ufficio Pianificazione e Controllo di una grande azienda milanese. Il suo lavoro è noioso e il clima in azienda non è dei migliori, ma Francesca cerca di tirare avanti, anche perché sa di essere stata fortunata: è stata assunta con uno degli ultimi contratti a tempo indeterminato e può usufruire di ferie e permessi retribuiti, al contrario dei giovani consulenti con contratti precari. Sarà proprio Francesca a scoprire il cadavere della sua vicina di scrivania, Marinella Sereni, strangolata in una toilette. Naturalmente, in azienda si scatena il panico: Marinella non era un genio e bisticciava con tutti, ma chi poteva volerla morta? E se si trattasse di un serial killer? Chi sarà la prossima vittima? Mentre la polizia indaga, anche Francesca si improvvisa detective e cerca di saperne di più sui colleghi con cui lavora da anni ma che, in realtà, conosce ben poco. Viola Veloce descrive con grande acutezza il potente direttore che tutti temono e a cui si rivolgono con servilismo (salvo poi sparlarne appena volta le spalle), l’informatico timido e pignolo, l’agguerrita sindacalista della Cgil soprannominata Crudelia, il collega istrionico e quello introverso. Omicidi in pausa pranzo è molto divertente e lo consiglio soprattutto a chi lavora in un’azienda, perché di sicuro vi ritroverà dei personaggi o delle dinamiche che gli sono familiari. In fin di conti, chi non ha mai sognato di potersi liberare di un collega?  

sabato 21 giugno 2014

Un perfetto gentiluomo - Natasha Solomons


Titolo: Un perfetto gentiluomo

Autrice: Natasha Solomons

Traduzione: Stefano Bortolussi

Casa editrice: Frassinelli

Pagine: 340

Prezzo: 19 euro

Ebook disponibile

Leggendo la sinossi di questo romanzo su Amazon, mi ero fatta l’idea che si trattasse di un libro leggero e divertente, qualcosa tipo il Ciclo di Blandings di Wodehouse. E in effetti  non è un romanzo pesante o noioso, anzi, io l’ho trovato molto coinvolgente, ma al tempo stesso è pervaso da una sottile malinconia. Dunque: il racconto inizia negli anni Trenta, quando il protagonista Jakob Rosenblum, ebreo tedesco, riesce a fuggire da Berlino con la moglie Sadie e la figlia piccola, Elizabeth. Si inventano una nuova vita a Londra e Jakob, che nel frattempo ha cambiato nome in Jack, mette su una fabbrica di moquette e fa di tutto per sembrare il più possibile inglese. All’arrivo in Inghilterra aveva ricevuto un opuscolo di consigli per i profughi e lo segue scrupolosamente, aggiungendo anche nuovi suggerimenti. Non parla mai tedesco, studia l’inglese - anche se l’accento continua a tradirlo -, si veste come un inglese e in tutte le occasioni si profonde in ringraziamenti o scuse. Sadie, invece, resta tenacemente attaccata alla propria identità di ebrea - segue il calendario ebraico e le prescrizioni alimentari - e, quando il marito non può sentirla, parla tedesco. Tanto Jack è ottimista e pieno di gratitudine verso la nuova patria, così Sadie vive nel passato e nei ricordi dei suoi familiari che non sono riusciti a scappare dalla Germania e sono andati incontro alla morte. I suoi genitori e il fratello, però, continuano a vivere nella memoria di Sadie e nei piatti che lei cucina per ricordarli. A cinquant’anni, Jack è ormai un borghese benestante (sua figlia è addirittura entrata a Cambridge) e gli manca solo un elemento per diventare completamente inglese: l’iscrizione a un club di golf. Non ha mai giocato a golf, ma sa che questo è lo sport per eccellenza dei gentiluomini inglesi e così comincia a scrivere ai club chiedendo di essere ammesso. Ma, nonostante i tanti anni trascorsi a Londra, per i membri dei club Jack è ancora un estraneo, un ebreo buffo e piccolo di statura che crede di poter comprare tutto solo perché si è arricchito fabbricando moquette e tappeti. Ma il nostro eroe non si perde d’animo e dopo l’ennesimo rifiuto (cortese, ma pur sempre rifiuto) decide di creare il proprio campo da golf. Vende la comoda casa di Londra e trascina la riluttante Sadie in un angolo sperso del Dorset, dove ha acquistato una dimora fatiscente con un’ampia proprietà dove sorgerà il golf club. All’inizio gli abitanti della piccola comunità lo trattano con derisione e ostilità, ma piano piano Jack si farà degli amici che, a modo loro, lo aiuteranno a realizzare il suo sogno (e sentirà anche parlare del mitico maiale lanoso del Dorset).

Credo che il tema centrale di questo romanzo sia quello dell’identità e dell'integrazione: è giusto, come fa Jack, cambiare nome e dimenticare il proprio passato per diventare cittadini di un nuovo stato? O ha ragione Sadie che resta ancorata alla memoria di persone scomparse da decenni? Oppure sbagliano entrambi? Un perfetto gentiluomo è un libro che fa pensare e mette un po’ di tristezza, ma senza risultare tragico o prolisso. Non aspettatevi di ridere, ma forse, come me, sarete affascinati da Jakob e Sadie.    

venerdì 9 maggio 2014

Uomini e topi - John Steinbeck



Titolo: Of Mice and Men

Autore: John Steinbeck

Casa editrice: Penguin

Pagine: 107

Prezzo: 10 euro

 

(Edizione italiana: Uomini e topi, ed. Bompiani, 200 pagine, 9 euro. Traduzione di Cesare Pavese. Ebook disponibile)


Uomini e topi è uno dei libri più toccanti che ho letto negli ultimi mesi, forse anche di più. Tipo Il ritorno del soldato, ecco. Dunque, siamo in California durante la Grande Depressione e George e Lennie lavorano come braccianti spostandosi da un ranch all’altro. George è un piccoletto sveglio, mentre Lennie è grande e grosso ma ha la mente di un bambino e non riesce a controllare la propria forza fisica. Sognano di mettere da parte abbastanza denaro per comprarsi una casa con un pezzo di terra, qualcosa che permetta loro di vivere tranquillamente: una casa con due camere da letto, un pollaio, dei conigli e un piccolo orto per le verdure e l’erba medica di cui i conigli sono ghiotti. Mentre girano da un ranch all’altro, uomini soli in mezzo ad altri uomini soli, è l’immagine di questa casetta che li fa andare avanti. Lennie chiede a George di descrivergli la casa sempre con le stesse parole, un po’ come i bambini piccoli chiedono ai genitori sempre la stessa fiaba della buonanotte. Quando inizia la storia, George e Lennie sono appena arrivati al ranch di Curley, un piccoletto attaccabrighe e manesco sposato con una giovane donna sensuale di cui non ci viene mai detto il nome. Conoscono Candy, un tuttofare anziano che teme di essere cacciato quando non potrà più lavorare, Crooks, un uomo di colore che si occupa dei cavalli, emarginato da tutti, Slim, un lavoratore esperto e carismatico.  Mi viene difficile proseguire con la trama perché temo che finirei per dare delle anticipazioni, visto anche che il romanzo è breve e gli eventi si susseguono rapidamente.


Credo che uno dei motivi per cui Uomini e topi mi ha colpito sia che conoscevo già il finale, quindi mentre leggevo interpretavo quello che succedeva alla luce delle ultime pagine. Inoltre, il personaggio di Lennie, con il suo deficit mentale che lo rende incapace di concepire il male, mi ha posto un sacco di domande. È bisognoso di protezione e gli altri spesso non lo capiscono e lo temono o lo prendono in giro. Forse bisognerebbe innanzitutto proteggerlo da se stesso, ma come? Oggi magari vivrebbe in una struttura psichiatrica, ma sarebbe felice rinchiuso fra quattro mura, lontano dagli animali che ama tanto? Poi c’è l’amicizia fra George e Lennie, con George che sa benissimo che vivrebbe molto meglio se non dovesse occuparsi di Lennie, ma si è preso la responsabilità di quell’omone con la testa vuota e in fondo sa anche che senza di lui si sentirebbe molto solo.
 
 

Uomini e topi è un romanzo molto attuale e per alcuni versi mi ha fatto pensare a Una notte ho sognato che parlavi di Gianluca Nicoletti, in cui il padre di un ragazzo autistico racconta com’è vivere con un figlio che praticamente non parla, è ben piazzato e a volte cade preda di crisi di rabbia sempre più difficili da fronteggiare.

Non so se in queste poche righe sono riuscita a far capire quanto è bello questo romanzo. Bello in modo triste, senza dubbio, però bello.
 
 

venerdì 18 aprile 2014

Salone del libro di Torino 2014


Dall'8 al 12 maggio si terrà il Salone del libro di Torino (al Lingotto). Il tema conduttore è il Bene e il paese ospite d'onore è la Santa Sede.

Potete trovare tutte le informazioni nel sito ufficiale.

mercoledì 16 aprile 2014

Non solo libri - Come mi vorrei(?)



Come si evince dal titolo, oggi vorrei parlare non di un libro ma di un programma tv. In casa mia di televisione se ne guarda poca, ma nonostante questo non manca mai Telesette, detto anche “la Bibbia del telespettatore”. E proprio su Telesette avevo letto della messa in onda su Italia1 di Come mi vorrei, condotto da Belén Rodríguez, che avrebbe dato consigli di stile e moda a delle ragazze. “Ah beh, sarà simile a Ma come ti vesti?”, mi ero detta, e avevo archiviato il tutto nella directory News di scarsa rilevanza. Oggi invece trovo su Change.org una petizione per chiedere la cancellazione del programma. A lanciarla è una ragazza padovana di nome Camilla Bliss, studentessa di Scienze dell’Educazione e della Formazione, che scrive: “Una ragazzina che guarda questo programma è portata a pensare che l'unico modo per poter avere un ragazzo ed essere accettata dagli altri, sia quello di cambiare radicalmente per aderire ad un'immagine stereotipata e falsa dettata da una società omologante … Io credo che non esista un modo sbagliato di essere e vestire e credo che dobbiamo smetterla di rispondere soltanto ai canoni di bellezza dettati dalla società”(al momento la petizione ha raggiunto 20.000 firme e una è la mia). Camilla Bliss fa riferimento ad una puntata trasmessa qualche giorno fa, nella quale una ragazza che ama vestirsi in stile dark viene giudicata troppo aggressiva e derisa da due ragazzi, uno dei quali ammette candidamente che non gli piacciono le ragazze intelligenti, preferisce quelle “un po’ tontolone”. Nell’episodio di oggi, una ventiquattrenne acqua e sapone che dimostra al massimo vent’anni è stata trasformata in una vamp simil trentenne con tanto di tacchi vertiginosi e unghie lunghissime. Ora, io credo che spesso in queste trasmissioni i partecipanti siano in realtà dei figuranti (cit. Caparezza), cioè degli attori prezzolati, ma questo non incide sul messaggio complessivo: per essere accettata devi adeguarti ad un modello unico di bellezza. Non devi essere troppo intelligente o spiritosa perché altrimenti il tuo partner si sentirà sminuito; metti un vestito corto, dell’intimo sexy e parla poco, che fa tanto femme fatale misteriosa. Non ho citato l’intimo a casaccio: in uno dei video presenti sul sito di Mediaset, una ragazza viene presa in giro perché ha nel cassetto delle mutande normalissime che, per giunta, profumano di antitarme. Sarebbe più opportuno spruzzarle di Chanel n.5? Che poi, a parte qualche feticista, non mi risulta che gli uomini siano soliti annusare l’intimo delle compagne. 
Va beh, mi si dirà, ma questo programma non è certo il primo, tu stessa hai citato Ma come ti vesti? È vero, ma credo che nella trasmissione condotta da Carla Gozzi ed Enzo Miccio ci sia qualcosa di diverso: si punta sugli abiti e anche lì vanno molto i tacchi alti, ma non si cerca di spingere la protagonista di turno a comportarsi in un certo modo. Il focus è esclusivamente sul modo di vestire e spesso si danno consigli per valorizzare i punti forti e mimetizzare quelli deboli, cosa che, secondo me, può aiutare ad accettarsi per quello che si è. Mi sorge poi spontanea una domanda: qual è la competenza della signorina Rodríguez per ergersi a maître à penser? Nella puntata della ragazza dark, quando la protagonista racconta che, nonostante la giovane età, ha già viaggiato molto, il commento della  Rodríguez è “Alla faccia! Io a 21 anni ero andata a casa dei miei nonni”. Verrebbe da chiedersi se proprio la magione degli avi sia stata lo sfondo del filmino piccante che chiunque può vedere su internet. Non c’è nulla di male nel sesso, anzi, però non mi pare che il curriculum della conduttrice sia tale da permetterle di pontificare sui comportamenti altrui, ecco. Non mi sono mai aspettata programmi di grande spessore dai canali di Berlusconi, so bene che non vi troverò mai Philippe Daverio che discetta di Rembrandt, ma forse stiamo esagerando.



Mi sono chiesta se pubblicare questo post non avrebbe contribuito al noto fenomeno del “Non importa come se ne parla, purché se ne parli”. Mi rendo conto che il rischio c’è, ma sono sensibile al modo in cui le donne vengono viste nella nostra società e ho deciso di dire la mia nel piccolo spazio di questo blog.
Se volete riflettere sulla donna nel mondo contemporaneo, vi consiglio la lettura di:
 
One-Dimensional Woman, Nina Power (“La donna a una dimensione”)

La donna perfetta”, Ira Levin

Ancora dalla parte delle bambine”, Loredana Lipperini.

P.s: si prega di astenersi da commenti tipo "Rosichi perché non sei attraente come Belén!" :-)


mercoledì 26 marzo 2014

Petizione - I Bastardi Galantuomini di Scott Lynch in Italia


Segnalo questo post della Leggivendola su I Bastardi Galantuomini di Scott Lynch. Riassumendo, lei e altri blogger chiedono che la casa editrice Nord continui con la pubblicazione dei romanzi di questa saga. Non mi sembrano il mio genere, però credo che sia giusto dare visibilità all'iniziativa.

martedì 25 marzo 2014

I fratelli Rico - Georges Simenon



Titolo: I fratelli Rico

Autore: Georges Simenon

Traduzione: Marina Di Leo

Casa editrice: Adelphi

Pagine: 172

Prezzo: 18 euro

 

Ebook disponibile


Simenon è noto soprattutto per aver creato il commissario Maigret (con buona pace della versione che sta andando in onda in questo periodo su la7, per me Maigret resterà sempre Gino Cervi).

 
 
Sapevo che la produzione di Simenon è piuttosto ampia, ma ignoravo che avesse scritto - nel 1952, a quarantanove anni - un romanzo sulla mafia ambientato negli Stati Uniti. I fratelli Rico sono tre: Eddie, il maggiore, Gino e Tony, il più giovane. Eddie ha sempre seguito scrupolosamente le regole dell’ “organizzazione” (non mi sembra che nel libro compaia mai la parola “mafia”) e grazie alla sua obbedienza ha raggiunto un buon tenore di vita: ha una bella casa in Florida, una moglie che lo ama e tre figlie. Nessuno sospetterebbe che dietro l’apparenza di agiato commerciante si celi un malavitoso. D’altronde, Eddie non è il tipo che si sporca le mani: il suo talento sta nel gestire gli affari, infatti fin da ragazzo si è guadagnato il soprannome di Ragioniere. I suoi fratelli, invece, sono di tutt’altra pasta: Gino è un killer spietato, non ha amici né legami amorosi, mentre Tony ha sempre fatto da autista. È proprio Tony a dare il via alla vicenda: dopo un regolamento di conti, è sparito dalla circolazione, si è sposato senza chiedere il permesso e pare addirittura che voglia collaborare con la polizia. Gli alti papaveri dell’organizzazione si mettono quindi in contatto con Eddie e gli chiedono di rintracciare il fratello e di convincerlo a starsene zitto. Potrebbe andare in Europa per un po’, magari fare visita ai parenti in Sicilia. Eddie sembra credere alla proposta, almeno all’inizio, e si mette sulle tracce di Tony, in un viaggio che si rivelerà una discesa agli inferi.
 
I fratelli Rico è un romanzo amaro. Pieno di ansia, anche: Tony ha sempre l’impressione di essere controllato e pedinato, non riesce mai a stabilire un contatto autentico con le persone con cui parla, è profondamente solo. Eppure esegue l’incarico che gli è stato affidato senza ripensamenti, e sì che lui conosce bene l’organizzazione e i suoi trucchi. Va avanti quasi con il pilota automatico e a volte il lettore vorrebbe potergli dire “Ma aspetta un attimo! Ci hai pensato bene?”. Ma Tony non può sentirci e continua a fare quello che gli riesce meglio: obbedire. Nonostante questo, I fratelli Rico è anche un bel romanzo. L’indagine psicologica non risulta mai noiosa, l’azione scorre velocemente e i chiaroscuri dei personaggi sono delineati in modo magistrale. Può darsi che il finale vi dia da pensare, ma in fondo tutti i buoni libri fanno riflettere, no?
 
 

sabato 22 febbraio 2014

Anna Karenina - Lev Tolstoj



Da parecchio tempo volevo pubblicare un post su Anna Karenina, ma non mi decidevo mai perché, oggettivamente, scrivere qualcosa di originale su questo romanzo è molto difficile. La trama è ben nota anche grazie alle varie trasposizioni cinematografiche - tempo fa ne ho pure trovata in tv una del 1935 con Greta Garbo in cui, ad un certo punto, Anna e Vronskij vanno beatamente in gondola a Venezia (trash allo stato puro).
 
 
 
Tra me e Anna Karenina non è stato subito amore a prima vista: l’ho iniziato e lasciato lì due volte, poi al terzo tentativo, molto tempo dopo, sono rimasta conquistata. Di Anna, sebbene sia la protagonista indiscussa, non si parla subito: il libro si apre con le difficoltà coniugali di suo fratello Stiva, un tizio che ama godersi la vita, non molto brillante ma simpatico. Una delle sorelle della cognata di Anna, Kitty, è una ragazza molto giovane che si prende una bella cotta per l’affascinante Vronskij, ma resterà delusa. Solo più tardi incontrerà Levin, il suo futuro marito, un uomo pacato e di buon senso, con il quale imparerà ad essere felice. Credo che uno dei punti di forza di Anna Karenina sia proprio il fatto che in realtà le relazioni descritte sono tre: il matrimonio fra Stiva e Dolly, l’amore proibito di Anna e Vronskij e il rapporto fra Kitty e Levin. Stiva non è cattivo, ma non si fa scrupoli a tradire la moglie. Sperpera il proprio denaro e si fa imbrogliare dall’amministratore della sua tenuta. Dolly è ancora giovane, ma è sfiorita e stanca e chiude un occhio sulle mancanze del marito. Anna, sposata con il rispettabilissimo e noiosissimo Karenin, è un’impeccabile moglie e madre fino a quando non prende una sbandata per il conte Vronskij, che è pure più giovane di lei. Se la relazione fosse stata tenuta più o meno segreta, la buona società ipocrita ne avrebbe bisbigliato dietro i ventagli e tutto sarebbe finito lì, ma Anna scappa con Vronskij e ha una figlia con lui. Il loro amore, però, si rivela una passione senza fondamenta: si amano, ma non riescono davvero a comprendersi e non possono essere felici. Kitty e Levin, invece, piano piano e non senza difficoltà, riescono a costruire una relazione solida, basata sulla fiducia reciproca. L’ansia di Levin durante il primo parto di Kitty è un esempio commovente di quanto l’uomo tenga a sua moglie.

Anna Karenina, però, non parla solo dei rapporti fra uomo e donna: Tolstoj descrive con grande acutezza anche molte altre relazioni interpersonali, come quella fra Levin e suo fratello. Credo che in questo romanzo si trovi, beh, più o meno tutto quello che serve sapere sulle relazioni umane.
 
Segnalo un intervento molto interessante di Paolo Nori, traduttore dal russo, sulle trasposizioni di Anna Karenina 
 
 

venerdì 14 febbraio 2014

Recensioni cioccolatose


Dato che la cioccolata è un'altra delle mie passioni, ho deciso di aprire anche un blog di recensioni cioccolatose (e non solo): chocoandmore . Trovate i post sia in italiano che in inglese.


venerdì 7 febbraio 2014

Riesumazioni


Ovvero, un post sui libri che ho letto qualche anno fa, mi sono più o meno piaciuti e poi ho dimenticato con beata incoscienza. Magari ho cambiato gusti (in effetti credo di essere diventata più selettiva), o semplicemente ho letto altri libri che mi sono rimasti più impressi. Apro l'anta della libreria:

Guide pratiche per adolescenti introversi - Margherita F. (anno di pubblicazione: 2005)


(Un orsetto/cagnolino/agnellino monocolo)

L'autrice aveva - ed ha tutt'ora - un blog e aveva raccolto parte dei post del blog in questo libro. Da quello che mi ricordo, non era scritto male, era abbastanza ironico, forse un filino involuto, comunque gradevole. Notiamo che chi ha compilato la quarta di copertina aveva ritenuto che fosse il caso di spiegare cosa fosse un blog ("un diario on-line") e scriveva blog in corsivo.

Sempre in tema adolescenziale:

Scusate se ho quindici anni - Zoe Trope (anno di pubblicazione: 2003). Traduzione di Cristiana Mennella

Cito : ha quindici anni, e con lo stile fulmineo e sarcastico di un Bukowski racconta il suo liceo di Portland come se fosse l'intero universo, sospeso tra furore e tenerezza. Un debutto impressionante per freschezza, ironia e intelligenza. Va beh, ora non esageriamo. Inquietudini adolescenziali descritte con un vago impressionismo, qualche parola ad effetto qua e là. Scopro ora che il libro aveva ricevuto pareri entusiasti da parte di Dave Eggers e Jonathan Safran Foer. Adesso l'autrice lavora felicemente come bibliotecaria.

Armand il vampiro - Anne Rice (anno di pubblicazione: 1998). Traduzione di Sara Caraffini

Intervista col vampiro mi era piaciuto molto e avevo deciso di seguire le vicende dei protagonisti. Credo di aver letto anche La regina dei dannati, ma sinceramente non ci giurerei, quindi non deve avermi colpito granché. Che dire, anche qui, come nell'Intervista, vampiri fascinosi e atmosfere decadenti. Siamo ben lontani dalla Transilvania di Dracula, ma anche, per fortuna, dai vampiri vegetariani e sbrilluccicanti della Meyer.

Riccardo III - William Shakespeare

Mi era piaciuto, ma lo ricordo molto meno di Romeo e Giulietta o Macbeth. Magari dovrei rileggerlo.

giovedì 23 gennaio 2014

Cosa vuoi fare da grande - Ivan Baio, Angelo O. Meloni



Titolo: Cosa vuoi fare da grande. Un romanzo tragicomico sul futuro dell’istruzione italiana

Autori: Ivan Baio, Angelo O. Meloni

Casa editrice: Del Vecchio

Pagine: 184

Prezzo: 12 euro

Ebook disponibile


Un po’ di tempo fa, gli autori di questo romanzo mi hanno scritto chiedendomi se fossi interessata a recensire il loro libro. Ho dato un’occhiata alla trama, che mi è sembrata promettente, ho risposto all’email e in brevissimo tempo mi hanno inviato l’ebook. In realtà, il tema del romanzo non mi era proprio chiarissimo e non sapevo con precisione cosa aspettarmi. “Cosa vuoi fare da grande” inizia con la presentazione di Guido e Gianni, due bambini che frequentano - con scarso interesse - la terza elementare della scuola Attilio Regolo di Milano. Entrambi orfani, crescono alla bell’e meglio fra l’indifferenza delle maestre, emarginati da compagni spocchiosi e viziati. Il ritmo sonnolento della vita all’Attilio Regolo viene sconvolto quando la scuola viene scelta per la presentazione del futurometro, una macchina in grado di predire il futuro delle persone. Il suo inventore, il turco Bayraktar, l’ha realizzata quasi per sbaglio, ma il congegno l’ha reso ricco e famoso. All’Attilio Regolo, quindi, tutti si preparano ad accoglierlo con una cerimonia fastosa, alla presenza del Presidente del Consiglio, di vari ministri e sottosegretari, di tutto il personale della scuola e, ovviamente, degli alunni e dei loro genitori. Ma le cose non andranno come previsto…

Ad una prima impressione, sono rimasta molto colpita dall’inventività linguistica degli autori. Titoli come “Sottosegretario allo Sviluppo delle Politiche gestionali per il Rimpatrio degli italiani all’estero” e “Sottosegretario all’Incentivazione dell’Espatrio a Scopi psicoattitudinali” sono quasi geniali, come è ottima la descrizione del comportamento di questi individui, nel quale il cittadino italiano non fatica a riconoscere il ritratto di tanti politici reali. Molti personaggi, sebbene forse un po’ privi di sfumature, rappresentano dei tipi che affollano la nostra società: per esempio, l’austera direttrice della scuola, Gemma Tuttacani, che ha fatto carriera nello stesso modo in cui, sostengono i pettegoli, la Carfagna è diventata ministro, o Onofrio Ora, che ha impiegato dieci anni per laurearsi, ha conseguito un master in argomenti quanto mai fumosi e adesso fa uno stage non retribuito (en passant, vorrei aggiungere che anche molti giovani che si laureano presto e in discipline più tradizionali spesso si ritrovano a lavorare gratis).
Credo di aver colto alcuni rimandi interessanti nel libro - in particolare, a Steve Jobs e ad Anonymous -, ma “Cosa vuoi fare da grande” mi ha fatto pensare soprattutto a “Lettera a una professoressa” dei ragazzi di Barbiana. Non so se gli autori avessero davvero in mente questo testo e il tono, peraltro, è molto diverso, ma anche la scuola Attilio Regolo “cura i sani e respinge i malati”: i figli dei ricchi hanno un percorso semplice, mentre Guido e Gianni, che provengono da situazioni difficili, vengono emarginati sempre di più. Ogni forma di creatività è scoraggiata e i temi dei bambini sono valutati secondo griglie molto rigide che non lasciano spazio alla riflessione personale. Queste critiche, sacrosante nei primi anni Sessanta, secondo me oggi sono un po’ superate: nella scuola italiana è tutto sommato abbastanza diffusa l’idea della personalizzazione dell’insegnamento e dell’importanza del capire le necessità individuali degli studenti. Non è sempre facile metterla in pratica, soprattutto con classi sovraffollate, ma il principio esiste, come testimoniano varie leggi e note del Ministero dell’Istruzione, oltre all’operato di tanti insegnanti che non si limitano a trasmettere la loro materia in modo sterile.  Avrei preferito che fosse approfondito di più il tema del futurometro: cosa succederebbe se esistesse un macchinario in grado di dirci cosa diventeremo? Smetteremmo di preoccuparci o di sognare? Ci rassegneremmo al nostro destino o cercheremmo comunque di cambiarlo?