giovedì 15 settembre 2016

Mi chiamo Lucy Barton - Elizabeth Strout


Traduzione: Susanna Basso
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 161
Prezzo:  17.50 euro

Pochi mesi fa mi sono imbattuta in Olive Kitteridge della Strout e sono rimasta fulminata dal modo di scrivere di questa autrice. La trama di Olive Kitteridge ruota intorno alla vita degli abitanti di una piccola comunità del Maine. Non ci sono eventi eclatanti: c’è l’esistenza di un piccolo campionario di umanità, ognuno alle prese con piccoli e grandi problemi quotidiani, con il proprio carattere e i propri gusti. Se l’autore non sapesse scrivere, un romanzo così risulterebbe noioso. La Strout, invece, possiede una capacità incredibile di scegliere le parole, di sezionare le emozioni dei personaggi e mostrarle al lettore in tutte le loro contraddizioni. Non ha uno stile complesso o artificioso, tutt’altro: racconta la vita così com’è, senza fronzoli, con una chiarezza abbacinante.

Veniamo a Mi chiamo Lucy Barton. A New York, una donna deve trascorrere in ospedale alcune settimane per le complicanze seguite a un’appendicectomia. Ad un certo punto sua madre, con la quale Lucy non ha contatti da anni, viene a trovarla. Nei pochi giorni in cui si trattiene in ospedale, fra le due donne si riallaccia un dialogo bloccato da tempo. Per tenerle compagnia, la madre le racconta vicende accadute ad abitanti del paesino dell’Illinois in cui Lucy è cresciuta e le parla del fratello e della sorella. Fra i silenzi di quello che la madre non dice, però, Lucy racconta la sua storia: un’infanzia poverissima, segnata da mancanze di cure genitoriali al limite dei maltrattamenti, il disagio provato quando nessuno dei suoi compagni di scuola voleva  giocare con lei. E il riscatto, iniziato nel momento in cui Lucy, pur di non tornare alla casa gelida alla fine delle lezioni, decide di rimanere al caldo a scuola il più possibile e, dopo aver finito i compiti, inizia a leggere di tutto. La sua famiglia non le perdonerà mai di aver frequentato l’università e di aver lasciato il paese per vivere in una grande città, ma, nonostante tutto, sua madre viene a tenerle compagnia quando Lucy ha bisogno. Anni dopo, la donna, diventata scrittrice, racconterà la propria storia, l’unica che ha: l’amore per la propria famiglia, un amore mutilato, forse non sempre ricambiato, ma pur sempre amore.



mercoledì 10 agosto 2016

Non è la fine del mondo - Alessia Gazzola


Titolo: Non è la fine del mondo
Autrice: Alessia Gazzola
Casa editrice: Feltrinelli
Pagine: 219
Prezzo: 15 euro 
Ebook disponibile (9.99 euro)


Emma De Tessent ha trent’anni e lavora come stagista in una casa di produzione cinematografica a Roma. Ama molto il suo mestiere, ma, proprio quando spera di ottenere un contratto a tempo indeterminato, viene licenziata. Dopo alcuni colloqui infruttuosi, si rifugia in un negozio di abbigliamento per bambini di proprietà di una soave signora, che è anche madre dell’affascinante direttore di una casa di produzione molto intellettuale e un po’ snob. Fin qui, Non è la fine del mondo ricorda parecchio un qualsiasi romanzo rosa, genere peraltro molto amato dalla stessa Emma, “quelli che nessuno legge ma, chissà perché, non conoscono crisi”. Gli elementi ci sono tutti: una fanciulla sognatrice, un uomo affascinante e misterioso, un enigmatico scrittore giapponese, perfino un romantico villino con i glicini che Emma vorrebbe acquistare, prima o poi (stipendio permettendo). Ammetto di non essere una grande fan dei romanzi sentimentali, che trovo prevedibili come la ressa al supermercato il sabato pomeriggio, però volevo leggere qualcosa di non troppo impegnativo e mi erano piaciuti gli altri romanzi della Gazzola, quindi ho deciso di provare. Devo dire che sono rimasta piacevolmente stupita: Non è la fine del mondo è senza dubbio una commedia romantica, ma non è banale. La trama è tutto sommato plausibile e i personaggi sono ben costruiti - in particolare, ho trovato interessante Tameyoshi Tessai, un romanziere che Emma cerca di convincere a cedere i diritti del suo libro più bello per una trasposizione cinematografica. Fra i due nasce un’amicizia imprevedibile e, proprio grazie agli insegnamenti di Tessai, Emma capirà qual è la via giusta per lei.

Alessia Gazzola lascia per il momento il tetro istituto di medicina legale che faceva da sfondo alle avventure di Alice Allevi e ci propone un romanzo un po’ più complesso, dove le relazioni umane, già presenti nelle storie dell’Allieva, hanno un ruolo determinante. Non definirei Non è la fine del mondo un capolavoro, ma è senza dubbio un libro ben scritto, scorrevole, che lascia qualche interrogativo su cui riflettere. Credo che la Gazzola abbia delle buone potenzialità e spero che in futuro possa sfruttarle appieno. 




lunedì 2 maggio 2016


Chesil Beach - Ian McEwan
Traduzione: Susanna Basso
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 136

Prezzo:  11 euro


Inghilterra, 1962. Florence e Edward, poco più che ventenni e innamoratissimi, si sono sposati poche ore fa e stanno cenando da soli nella località di mare che hanno scelto per la luna di miele. In realtà, non hanno molta fame, ma si sforzano di mangiare le vivande portate dai camerieri dell’albergo, mentre si guardano negli occhi, si ripetono a vicenda che si amano ed entrambi pensano ad altro. Alla stessa cosa, a dire il vero, ma da due punti di vista diversi. Florence, violinista di buona famiglia, immagina con terrore il momento in cui il suo sposo vorrà spogliarla. Edward, studioso di storia e figlio di un maestro di paese, teme di non riuscire a contenersi e di non essere in grado di decifrare i segnali che gli manderà il corpo della moglie, corpo, che, a essere onesti, lui conosce ben poco. All’epoca parlare di questioni sessuali era, come scrive McEwan, “semplicemente impossibile. Anche se facile non lo è mai”. La narrazione alterna capitoli ambientati nel presente ad altri in flashback nei quali il lettore scopre come è nata e si è sviluppata la relazione fra Edward e Florence: le passeggiate in campagna, i soggiorni di lui a casa di lei, durante i quali vivono sotto lo stesso tetto ma dormono in camere separate, le lunghe ore in cui Edward la guarda suonare e aspetta paziente che Florence si avvicini, mentre fuori il mondo si sta preparando a cambiare per sempre.

Chesil Beach è, ovviamente, un romanzo sul dialogo amoroso e sulla capacità di adattarsi ai ritmi dell’altro, al suo respiro ora lento e ora affannoso. Ma ci racconta anche come i giovani innamorati sono capaci di parlare di tutto senza dirsi ciò che è davvero importante e come possano amarsi senza sospettare dell’esistenza di parti in ombra nel cuore della persona amata. L’autore ci fa entrare nella relazione di questi neosposi quasi in punta di piedi: come guardoni, li spiamo dalla finestra dell’albergo e anche noi percepiamo la tensione fra di loro. Ma la scrittura di McEwan è sempre misurata e serena: è un mosaico di pezzi dai colori chiari in perfetta armonia (e direi che è d’obbligo ringraziare Susanna Basso, la sua voce italiana). Niente stride, come nelle sinfonie di musica classica tanto amate da Florence, fino al momento in cui marito e moglie dovranno parlarsi in totale sincerità.