domenica 24 febbraio 2013

La donna perfetta - Ira Levin



Titolo: 'La donna perfetta' (è uscito anche con il titolo 'La fabbrica delle mogli', ed. Garzanti)

Autore: Ira Levin

Titolo originale: The Stepford Wives

Casa editrice: Superbeat

Traduttrice: Mariapaola Ricci Dèttore

Pagine: 183

Prezzo: 12 euro



Ho aperto questo romanzo oggi pomeriggio verso le cinque e mezza e l'ho chiuso, solo dopo averlo finito, circa due ore dopo. Non lo scrivo per vantarmi della mia velocità di lettura, anche perché 183 pagine non sono tante, ma per far capire che si tratta di un libro molto avvincente. La trama: Joanna e Walter, una coppia affiatata con due figli piccoli, decidono di lasciare una grande città, piena di vita ma anche pericolosa e inquinata (probabilmente New York), per trasferirsi nell'idilliaco sobborgo di Stepford. Acquistano una bella casa grande con tanto terreno e cercano di inserirsi nella comunità. Walter, avvocato, trova presto dei nuovi amici e si iscrive al locale Club degli Uomini, una curiosa istituzione il cui ingresso è vietato alle donne. Joanna, femminista - il romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1972 - e fotografa semiprofessionista, incontra invece un po' di difficoltà: la maggior parte delle signore di Stepford, infatti, sono casalinghe belle e perfette con le quali è difficile sostenere una conversazione che vada oltre i pregi di questa o quella marca di detersivo per il pavimento. Attraenti, sempre curate e ben vestite, trascorrono la giornata cucinando manicaretti, pulendo la casa fino ai minimi dettagli e facendo la spesa. Joanna riesce a trovare due amiche, Bobbie, disordinata e allegra madre di tre figli, e Charmaine, moglie annoiata e un po' svitata ma simpatica di un uomo ricco. Qualunque tentativo di coinvolgere le altre donne in attività differenti dalle faccende domestiche fallisce e Bobbie comincia addirittura a sospettare che le signore siano vittime di qualche esperimento finalizzato a renderle estremamente docili e sottomesse. A questo punto accadono due eventi molto importanti: innanzitutto, Joanna si imbatte in un ritaglio di giornale dal quale si evince che fino ad alcuni anni prima molte delle donne di Stepford facevano parte di un Circolo femminile. Adesso, però, non ce n'è traccia e nessuna ne parla: cosa è successo? Inoltre, fatto ancora più grave, dopo un fine settimana con il marito Charmaine è totalmente cambiata: è diventata anche lei una bella zombie dedita alla cucina e alle pulizie. Dopo poco tempo, lo stesso accade a Bobbie. Joanna, temendo di fare la stessa fine, comincia a indagare sui mariti di Stepford e tenta di scoprire cosa avviene dietro le porte ben chiuse del Club degli uomini...
 
 
                                                                                   
 

Questa edizione è arricchita da un'introduzione scritta da Chuck Palahniuk che sottolinea come nel 1972 il femminismo americano attraversasse un momento di grande fioritura: erano gli anni dei reggiseni bruciati, dell'esplorazione del proprio corpo – 'Il corpo è mio e me lo gestisco io' -, del rifiuto di diventare conigliette di Playboy. Il romanzo di Ira Levin è la risposta degli uomini a tutto questo: un universo in cui le donne vengono (ri?)condotte all'obbedienza, alla remissività e a una bellezza omologata a criteri ben precisi. Il termine Stepford wife è entrato nell'uso corrente in inglese per indicare una donna che si adegua ciecamente alla sottomissione nei confronti del marito, come Laura Bush e Katie Holmes. Ma sono passati degli anni, si dirà, il mondo non è più lo stesso. Eppure, mette in guardia Palahniuk, 'E' strano che gli scaffali delle librerie si stiano riempiendo di graziose bamboline'. Romanzi che hanno come protagoniste giovani donne carine, vestite e truccate in modo impeccabile, che fanno di tutto per trovare un marito, preferibilmente ricco. Ragazze che fanno shopping in modo compulsivo e che sognano scarpe firmate (credo che Nina Power sarebbe d'accordo). Donne il cui nemico sono le altre donne, magari più mature ed esperte, o semplicemente dotate di un guardaroba più alla moda.
 

                                                  Disegno di Alberto Vargas (1896-1982)

D'altronde, l'uso del corpo femminile nei media e negli spot è, soprattutto in Italia, ancora fortemente legato ad una visione secondo la quale 'Mostrare una bella donna fa vendere'. E' sufficiente cercare su Google immagini 'pubblicità donne' per trovare molto materiale a dir poco sconfortante.

 



Forse non siamo mai usciti da Stepford.

giovedì 21 febbraio 2013

Rebecca e The Rebecca Notebook - Daphne du Maurier



Titolo: Rebecca

Autrice: Daphne du Maurier

Casa editrice: Avon Books

Pagine: 380

Prezzo: 5.42 euro


(Edizione italiana: 'Rebecca la prima moglie', ed. il Saggiatore, traduzione di Marina Morpurgo, 383 pagine, 10 euro)



Last night I dreamt I went to Manderley again. La notte scorsa ho sognato che ritornavo a Manderley.

Così si apre Rebecca, il celebre romanzo di Daphne du Maurier, reso ancora più famoso dalla trasposizione filmica diretta da Alfred Hitchcock. Questa semplice frase introduce due elementi fondamentali del libro: il ritorno e Manderley, la casa di famiglia del marito della protagonista. Inoltre, quel 'ho sognato', anzi che 'ho pensato' o 'ho immaginato', suggerisce subito al lettore un'atmosfera irreale. La voce narrante è quella della seconda moglie di Maxim de Winter, una ragazza un po' scialba della quale non sapremo mai il nome. Orfana, si mantiene facendo la dama di compagnia di una signora americana ricca e volgare. È rassegnata al proprio destino di creatura insignificante, ma un giorno, nell'hotel di Monte Carlo dove la signora sta trascorrendo le vacanze, arriva Maxim: 'È … il proprietario di Manderley' le spiega la vecchia pettegola, 'Ne avrete sentito parlare, naturalmente. Ha un'aria sofferente, non trovate? Dicono che non riesca a riprendersi dalla morte della moglie...' La prima moglie è appunto Rebecca, morta in un incidente in barca alcuni mesi prima. Rebecca è l'opposto della protagonista: era bella, sofisticata, vivace, di compagnia. Tutti la adoravano e il marito era pazzo di lei. Desta quindi parecchio stupore la proposta di sposarlo che Maxim fa alla ragazza dopo poche settimane di frequentazione. Le sta anche offrendo una vita migliore: anzi che essere relegata ad un ruolo marginale, sarebbe la padrona di una splendida villa, comanderebbe i domestici e non dovrebbe preoccuparsi di lavorare. Il matrimonio viene celebrato rapidamente e la coppia va a Manderley: 'Il viale [d'accesso] era tutto curve, come un serpente, in certi punti era poco più largo di un sentiero e sopra le nostre teste c'era un colonnato di alberi, i cui rami si intrecciavano formando un passaggio, simile alla volta di una chiesa. … Era tutto così silenzioso, così immobile'. Max è felice di tornare a casa, anche se non parla mai della moglie defunta. La nuova signora di Manderley, però, non si trova molto bene: si smarrisce nei corridoi, non ha idea di come funzioni l'economia domestica e non è in grado di stabilire un buon rapporto con la servitù, che adorava Rebecca. In particolare, la governante, Miss Danvers, aveva un'ammirazione fanatica per lei e fa di tutto per mettere in difficoltà la protagonista e farle capire quanto la ritiene inferiore. Facciamo un passo indietro e torniamo alle parole con cui il romanzo inizia: 'La notte scorsa ho sognato che ritornavo a Manderley'. I primi due capitoli, infatti, costituiscono più un epilogo che un prologo e fanno capire che la coppia ora vive all'estero, pur desiderando un ritorno - chiaramente impossibile - in patria. Perché conducono una vita da esiliati? Cosa è accaduto?

Rebecca è l'analisi impietosa della relazione fra un uomo e una donna e il racconto delle maschere che molti di noi usano, o hanno usato, nella vita. È un buon libro perché si può leggere secondo vari livelli: come una storia d'amore, come un thriller, come un romanzo gotico moderno. Parla d'amore, di morte, di devianze, delle differenze sociali e di molto altro ancora.
 
 

                                                                  
                                                          Daphne du Maurier da giovane


Titolo: TheRebecca Notebook and Other Memories

Autrice: Daphne du Maurier

Casa editrice: Virago

Pagine: 192

Prezzo: 8 euro

Se siete rimasti affascinati da Rebecca, vi suggerisco di leggere anche The Rebecca Notebook, il taccuino in cui Daphne du Maurier aveva annotato i propri appunti per la stesura del romanzo. Sembra di sbirciare da sopra la spalla dell'autrice ed è un'ottima occasione per capire meglio come funziona il processo creativo. C'è anche un capitolo intitolato Epilogue, che sarà poi trasformato nei capitoli iniziali, che presenta alcuni elementi differenti da quelli scelti effettivamente dalla du Maurier. Inoltre potete trovare alcune pagine in cui la scrittrice racconta come, da ragazza, scoprì per caso una villa in Cornovaglia e se ne innamorò follemente. La casa apparteneva a una famiglia che abitava altrove e la giovane Daphne durante le vacanze andava spesso a esplorare il parco (prima entrando di soppiatto, poi scrisse ai proprietari per avere il permesso). Molti anni dopo, ormai sposata e madre di famiglia, riuscirà a prenderla in affitto e Menabilly - questo il nome della dimora - sarà fonte di ispirazione per creare Manderley.

Una curiosità: poco dopo la pubblicazione di Rebecca, la du Maurier fu accusata di plagio da una certa Elizabeth von Arnim, che aveva scritto un romanzo intitolato Vera. La du Maurier si difese in tribunale e il taccuino fu portato come prova del fatto che non conosceva il libro della von Arnim (infatti fu assolta).
 

                                                                         Cornovaglia
 

lunedì 18 febbraio 2013

21 febbraio 100 books offer su Book Depository



Segnalo che il 21 febbraio Book Depository farà una grande svendita: per 25 ore ogni quindici minuti verrà messo in offerta un libro (volumi nuovi e spedizione gratis come sempre).

Maggiori informazioni qui

domenica 17 febbraio 2013

Il birraio di Preston - Andrea Camilleri


Ripropongo un post che avevo scritto per un altro mio blog di recensioni, Il cappotto di Gogol', che poi ho chiuso.


Titolo: Il birraio di Preston


Autore: Andrea Camilleri


Casa editrice: Sellerio
 

Pagine: 248


Prezzo: 10 euro



Andrea Camilleri è noto soprattutto per aver creato la figura del commissario Montalbano, ma ha scritto anche molti altri romanzi, anch’essi ambientati in una Sicilia immaginaria ma non molto lontana da quella reale. E’ il caso del ‘Birraio di Preston’ (1995), in cui l’azione si svolge nel 1864, pochi anni dopo l’Unità d’Italia; la narrazione prende spunto da un evento storicamente avvenuto, cioè la decisione del prefetto (fiorentino di origine) di far rappresentare nel teatro di Caltanissetta l’opera lirica ‘Il birraio di Preston’. I cittadini erano già scontenti per il malgoverno centrale, e le difficoltà di comprensione fra la mentalità toscana del prefetto e quella locale non migliorarono la situazione.

Come in tutte le sue opere, Camilleri usa una lingua mista di italiano e siciliano che sulle prime può disorientare il lettore inesperto, ma poi si rivela di facile comprensione ed estremamente duttile. Per caratterizzare meglio i personaggi, ad ognuno è attribuito il dialetto tipico della zona da cui proviene. Ogni capitolo ha un titolo ispirato ad un testo più o meno famoso, e, come spiega l’autore, la successione in cui i capitoli sono proposti non è vincolante, anzi, il lettore può leggerli nell’ordine che preferisce.
I motivi per cui apprezzo questo romanzo sono sostanzialmente due: innanzitutto, la vicenda narrata, pur essendo inserita in un preciso contesto storico-geografico, è molto attuale. Nonostante le celebrazioni per i 150 anni dall’Unità, oggi il nostro paese mi sembra sempre più diviso fra Nord e Sud. La burocrazia è tuttora estremamente farraginosa e l’Unità è più che altro un pretesto, proprio come si evince da un passaggio del libro in cui un mafioso, scagionato da un’accusa grazie alle testimonianze di persone provenienti da regioni diverse, commenta (cito a memoria): ‘Che bella cosa l’Unità di Italia’.

La seconda ragione per cui mi piace ‘Il birraio di Preston’ è che fa ridere. Ma tanto. A volte è una risata amara, altre volte si ride di gusto. Come spiegava Camilleri in una puntata di ‘Che tempo che fa’ (02/05/2010), nel nostro paese si pensa spesso che la qualità di un’opera letteraria dipenda da quanto è seria, o per meglio dire triste. Ma dove sta scritto che se i lettori non piangono il romanzo non è valido? Far ridere è un’arte, e non è da tutti. Per concludere vi lascio con un’altra citazione (anche questa a memoria, quindi scusatemi se non sono proprio le parole esatte): durante la rappresentazione del vituperato ‘Birraio’, uno dei personaggi canta ‘Chiamate i timballi, i flauti, i pifferi e i corni’. E dal pubblico una voce gli risponde prontamente: ‘I corni non serve chiamarli, quelli vengono da soli’.





martedì 12 febbraio 2013

Don Giovanni in Sicilia - Vitaliano Brancati



Titolo: Don Giovanni in Sicilia

Autore: Vitaliano Brancati

Casa editrice: Mondadori

Pagine: 133

Prezzo: 8.40 euro



Ammetto che conoscevo pochissimo l'opera di Brancati, sospetto di non averlo studiato al liceo e non ho mai colmato questa lacuna. Qualche giorno fa, però, mi è stato prestato 'Don Giovanni in Sicilia' e l'ho letto rapidamente e con grande interesse. Siamo a Catania intorno agli anni Quaranta (il libro è stato scritto appunto nel 1940), protagonista è il quarantenne Giovanni Percolla, scapolo (anzi, come si direbbe oggi, single) che lavoricchia con uno zio e vive con tre sorelle zitelle che lo adorano e provvedono alle sue necessità. In quanto uomo, Giovanni è il signore indiscusso della casa, ma non approfitta della propria autorità per comandare in modo dispotico, anzi: non critica mai, non brontola e non si lamenta. La famiglia è un microcosmo perfetto, pieno di pace e armonia. Quindi, 'il serio, il buono, il rispettabile Giovanni' è privo di difetti? A essere proprio pignoli, qualcosa ci sarebbe: la sua vita è 'dominata dal pensiero della donna'. Non la donna angelicata del Dolce stil novo, ma femmine molto concrete, costituite da gambe, seni, occhi, labbra, caviglie... Donne siciliane e donne che si incontrano in vacanza: a Roma, a Viareggio, a Riccione, a Cortina... Luoghi segnalati da amici che vi hanno scoperto bellezze muliebri prima ignote e che inviano cartoline che favoleggiano della splendida fauna locale. Donne con le quali si intrattengono lunghi corteggiamenti che però non hanno mai una conclusione fruttuosa, per cui i rapporti di Giovanni e i suoi amici con il gentil sesso si limitano ad avventure mercenarie. Guai ad ammetterlo, per carità: i racconti che questi signori si scambiano parlano di grandi conquiste, di ardimenti e di performance indimenticabili - chissà se qualcuno poi ci crede davvero. Ad un certo punto, però, la tranquilla esistenza di Giovanni viene sconvolta da un ciclone che si chiama Maria Antonietta - per gli amici Ninetta - Marconella: una giovane e affascinante aristocratica di origine toscana. Giovanni, travolto dalla passione per la purezza della ragazza, lascia la casa delle sorelle, che all'improvviso gli sembra insopportabilmente vecchia e sporca, si allontana dagli amici, divenuti volgari, e si ritira in una solitudine dominata dal pensiero fisso di Ninetta. Stavolta sì che l'amore si fa sublime e disincarnato: ricevere uno sguardo della giovane diventa un successo inatteso e riuscire a scambiare due parole con lei è fonte di gioia incontrollabile. E' solo grazie alla perseveranza di Ninetta che il rapporto fra i due cresce, perché il semplice ritrovarsela davanti fa cadere Giovanni in deliquio. Insomma, riescono a sposarsi e da qui in poi la ragazza prende in mano le redini della vita del marito: lo convince a trasferirsi a Milano, gli trova un nuovo lavoro, lo persuade a cambiare stile di vita. Ma le persone possono davvero cambiare? O l'esistenza di Giovanni in realtà è stata segnata per sempre dall'educazione che ha ricevuto in Sicilia?



Quasi barocco per la deformazione grottesca di personaggi e situazioni (cito dall'introduzione), questo romanzo mi sembra ottimo per avvicinarsi alla produzione di Brancati, nella quale l'erotismo (e le sue conseguenze, talvolta estreme) ricorre spesso.

L'edizione Mondadori è completata da un'ottima introduzione, piuttosto breve ma sufficiente a dare al lettore una panoramica del periodo storico in cui visse l'autore e a tratteggiare un quadro delle sue opere.