domenica 17 novembre 2013

Eccoci qui - Dorothy Parker





Titolo: Eccoci qui

Autrice: Dorothy Parker

Traduzione: Chiara Libero

Casa editrice: Astoria

Pagine: 166

Prezzo: 12.75 euro (ebook: 7.99 euro)



Questa raccolta di racconti mi è piaciuta molto, ma non è il primo libro che consiglierei se qualcuno mi chiedesse qualcosa da leggere. Mi spiego meglio. Da quello che si trova su internet, Dorothy Parker (1893-1967) dev’essere stata un personaggio interessante - dotata di umorismo brillante, suggerì come epitaffio per la propria tomba “Scusatemi se faccio polvere”. Politicamente impegnata al punto da essere ritenuta comunista durante il maccartismo, lasciò tutte le sue proprietà alla fondazione di Martin Luther King. Ebbe però una vita sentimentale un po’ travagliata, tentò il suicidio tre volte e finì alcolizzata.
I dieci racconti contenuti in “Eccoci qui” ritraggono quasi tutti scene di vita della borghesia medio-alta di New York (l’atmosfera mi ha ricordato un po’ quella de “L’età dell’innocenza”) e per l’acutezza con cui i personaggi sono descritti viene da chiedersi se la Parker li abbia incontrati in qualche salotto. C’è la signora che proclama che i neri, in fondo, sono persone come tutte le altre; la giovane madre bella e ricca che ride alle spalle della brutta infermiera; il padre di famiglia che vorrebbe fuggire da una vita troppo ordinata; la coppia apparentemente perfetta che in realtà non sa cosa dirsi. Forse il personaggio che mi ha colpito di più è Hazel Morse, protagonista di “Una bella bionda”: una donna piacente che non si è mai fermata a riflettere su cosa voleva davvero dalla vita e si ritrova inestricabilmente aggrovigliata in un’esistenza squallida.
L’autrice indaga nei vizi e nei difetti dei personaggi senza pietà, anzi quasi con crudeltà, mettendo a nudo i loro pensieri più nascosti con un’analisi psicologica stupefacente. Ci sono anche dei tocchi di umorismo, però ecco, questo libro a me ha messo soprattutto molta tristezza. Non per colpa della Parker, ci mancherebbe, ma vedersi sfilare davanti l’ipocrisia, l’incomunicabilità, l’autoritarismo, la morale benpensante e il razzismo non solleva certo il morale. Anzi, se siete un po’ giù vi consiglio senza dubbio di leggere qualcos’altro. Se ve la sentite, invece, dategli una possibilità. Forse, come me, odierete alcuni dei personaggi e proverete una pena infinita per altri; ad ogni modo, è probabile che “Eccoci qui” non vi lascerà indifferenti.  

domenica 10 novembre 2013

"Miss Julia dice la sua" (Ann B. Ross) e "Una principessa in fuga" (Elizabeth von Arnim)




Titolo: Miss Julia dice la sua

Autrice: Ann B. Ross

Traduzione: Valentina Ricci

Casa editrice: Astoria

Pagine: 252

Prezzo: 17 euro

Se vi interessano i romanzi con protagoniste femminili e trame scorrevoli e divertenti ma non stupide, tenete d’occhio la casa editrice Astoria. Pubblica, fra l’altro, Georgette Heyer, Marina MorpurgoM.C. Beaton e Ann B. Ross (per ora credo che sia uscito solo il primo volume della serie dedicata a Miss Julia). Dunque, chi è questa Miss Julia? È una signora non più giovanissima che si ritrova vedova e scopre che il patrimonio del marito, adesso suo, è molto più considerevole di quello che credeva. Siamo nel sud degli Stati Uniti e la nostra protagonista ha sempre cercato di essere una moglie impeccabile: riservata, ottima padrona di casa, donna devota. Non ama i pettegolezzi e prima di formulare un’opinione su qualsiasi argomento ha sempre consultato il marito. Il caro estinto, un banchiere, è stato uno stimato membro della comunità. Miss Julia, per quanto ovviamente dispiaciuta per la dipartita del consorte, ora è libera di organizzare le proprie giornate come meglio crede - sempre entro certi limiti - e di spendere il proprio denaro senza dover rendere conto a nessuno (a parte il pastore, che sostiene che il defunto gli aveva promesso delle donazioni). La tranquillità della routine di Miss Julia viene però sconvolta quando alla sua porta bussa una giovane donna dall’aspetto vistoso che le chiede di prendersi cura per un po’ di un ragazzetto bruttino e incline al pianto, il quale altri non è che il frutto di una relazione extraconiugale del compianto marito di Julia. La donna si rende conto ben presto che molte persone sapevano del tradimento, ma per vari motivi nessuno l’ha mai avvisata. D’altronde, la moglie perfetta non deve forse chiudere un occhio sugli scivoloni del coniuge? Coniuge che si rivela peraltro un grandissimo ipocrita, dato che per tutta la vita non ha fatto altro che predicare bene e razzolare male. Ormai, comunque, quel che è stato non si può cambiare e Miss Julia decide di affrontare la situazione a testa alta, senza mentire e sbugiardando così davanti a tutti quel sepolcro imbiancato del marito. La bizzarra convivenza con il figlio illegittimo del defunto, però, da subito adito ai pettegolezzi e soprattutto innesca una serie di situazioni difficili e talvolta anche pericolose. Julia dovrà imparare a non fidarsi di nessuno e non sarà facile distinguere i veri amici dai profittatori.

L’atmosfera di questo romanzo mi ha ricordato un po’ quella di The Help di Kathryn Stockett, soprattutto per il personaggio di Lillian, la cuoca di Miss Julia, una donna di colore con scarsa istruzione ma con grande buonsenso e coraggio.
 
 
Titolo: Una principessa in fuga
Autrice: Elizabeth von Arnim
Traduzione: Simona Garavelli
Casa editrice: Bollati Boringhieri
Pagine: 253
Prezzo: 16.50 euro
Priscilla è una giovane e bella principessa (mi piacerebbe, prima o poi, leggere un romanzo in cui le principesse sono brutte) all’apparenza docile e mansueta, che però nasconde un segreto: detesta la vita di corte. Si sente soffocare dai rituali, dagli sprechi, dall’ipocrisia. Questo argomento, che credo fosse caro anche a lady Diana, nei comuni mortali che devono lavorare per vivere suscita spesso la risposta “Bisognerebbe mandare quei mangiapane a ufo in fabbrica per una settimana, poi vediamo se si lamentano ancora”. Quale deplorevole mancanza di sensibilità! Priscilla, aiutata da Fritzing, il bibliotecario di corte, concepisce dunque un piano per fuggire e poter vivere in santa pace, senza essere riconosciuta da tutti e senza obblighi. Vuole dedicarsi alla meditazione e alla carità: un’esistenza pura, semplice, priva di fronzoli. Detto fatto, i due cospiratori arruolano una cameriera, Annalise, e scappano in Inghilterra. Si stabiliscono in un villaggio tranquillo e cercano di non dare nell’occhio. Sembrerebbe facile, ma Priscilla ha un piccolo problema: non ha la minima idea di come condurre una vita normale. Tratta le persone in modo altezzoso, non è in grado di preparare una tazza di tè, sperpera il denaro per iniziative assurde e in breve tempo riesce a farsi odiare sia dalla moglie del parroco sia dalla nobildonna locale. Come se non bastasse, Annalise non ha intenzione di collaborare - d’altronde, nessuno si è preso la briga di spiegarle le intenzioni di Sua Altezza - e decide di ricattare la principessa. Anche Fritzing non dimostra alcuna attitudine per la gestione delle difficoltà quotidiane e in breve i due si ritrovano nei guai.
Priscilla per me è profondamente irritante; può darsi che l’autrice intendesse proprio suscitare questa reazione nel lettore. Avrei voluto scuoterla e dirle che, se davvero avesse voluto vivere un’esistenza normale, avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche e imparare alcuni semplici concetti come il valore del denaro, l’organizzazione delle faccende domestiche, i rapporti di buon vicinato. Invece no, è scappata da palazzo ma continua a comportarsi come una gran dama e si meraviglia delle reazioni altrui. Pure Fritzing, sarà anche un conoscitore di Eschilo e della letteratura inglese, ma non riesce proprio a capire che a volte la sua cara principessa meriterebbe una sgridata.
Ho trovato questo romanzo interessante per la descrizione della psicologia dei personaggi per i tocchi di ironia dell’autrice. In alcuni punti, però, forse tende un po’ alla prolissità; d’altronde, come dice la stessa von Arnim, se il lettore non è interessato può semplicemente voltare pagina.

domenica 3 novembre 2013

Avventure della ragazza cattiva - Mario Vargas Llosa



Titolo: Avventure della ragazza cattiva

Autore: Mario Vargas Llosa

Traduzione: Glauco Felici

Casa editrice: Einaudi

Pagine: 357

Prezzo: 13 euro


Nell’estate del 1950 Ricardo, poco più che bambino, conosce Lily, una coetanea diversa da tutte le altre ragazzine incontrate fino a quel momento: una bambina quasi donna, maliziosa, sfrontata, con gli occhi color miele luminosi ma al tempo stesso pieni di segreti. Ricardo, come tutti i suoi amici, se ne innamora a prima vista, ma Lily rifiuta con ostinazione tutti i corteggiatori. È una ragazzina misteriosa - non parla mai della propria famiglia, non invita nessuno a casa sua - e le altre ragazze, forse anche un po’ invidiose del suo successo con i ragazzi, presto iniziano a parlare male di lei. Gli amici di Ricardo si rassegnano ai rifiuti di Lily, ma lui non riesce a dimenticarla e quando, anni dopo, la rincontra a Parigi capisce di essere ancora perdutamente innamorato di lei. Lily però è una niña mala, una ragazza cattiva (una malafemmina?): seducente, capace di tenere in pugno gli uomini - soprattutto Ricardo -, ma senza scrupoli e, forse, non in grado di amare nessuno oltre a se stessa. La storia d’amore a senso unico fra lei e Ricardo diventa un’ossessione, una malattia, un legame tormentato che per l’uomo si rivela quasi letale. La niña mala gli racconta un sacco di bugie, lo tratta male e scappa senza dargli spiegazioni, eppure Ricardo si sente davvero vivo solo quando ha Lily accanto a sé. Sullo sfondo, la storia europea e quella del Perù, paese natale di Ricardo, dal quale però si allontana sempre di più.


Avventure della ragazza cattiva mi è piaciuto molto, ma non lo consiglio a cuor leggero. A differenza de La zia Julia e lo scribacchino, è un romanzo triste. Non triste in senso sentimental-piagnucoloso, ma triste nel senso che ti fa riflettere sulle relazioni umane e alla fine ti lascia un po’ di magone. Poi ci sono tanti lutti, morti, malattie, il destino del Perù che non riesce a modernizzarsi e in cui chi ha capacità preferisce andare all’estero (un po’ come in Italia). È scritto benissimo e merita, però potrebbe lasciarvi un po’ di amaro in bocca.