Titolo:
Un perfetto gentiluomo
Autrice:
Natasha Solomons
Traduzione:
Stefano Bortolussi
Casa editrice:
Frassinelli
Pagine: 340
Prezzo: 19 euro
Ebook disponibile
Leggendo la sinossi di questo romanzo su Amazon, mi ero fatta l’idea che si trattasse di un libro leggero e divertente, qualcosa tipo il Ciclo di Blandings di Wodehouse. E in effetti non è un romanzo pesante o noioso, anzi, io l’ho trovato molto coinvolgente, ma al tempo stesso è pervaso da una sottile malinconia. Dunque: il racconto inizia negli anni Trenta, quando il protagonista Jakob Rosenblum, ebreo tedesco, riesce a fuggire da Berlino con la moglie Sadie e la figlia piccola, Elizabeth. Si inventano una nuova vita a Londra e Jakob, che nel frattempo ha cambiato nome in Jack, mette su una fabbrica di moquette e fa di tutto per sembrare il più possibile inglese. All’arrivo in Inghilterra aveva ricevuto un opuscolo di consigli per i profughi e lo segue scrupolosamente, aggiungendo anche nuovi suggerimenti. Non parla mai tedesco, studia l’inglese - anche se l’accento continua a tradirlo -, si veste come un inglese e in tutte le occasioni si profonde in ringraziamenti o scuse. Sadie, invece, resta tenacemente attaccata alla propria identità di ebrea - segue il calendario ebraico e le prescrizioni alimentari - e, quando il marito non può sentirla, parla tedesco. Tanto Jack è ottimista e pieno di gratitudine verso la nuova patria, così Sadie vive nel passato e nei ricordi dei suoi familiari che non sono riusciti a scappare dalla Germania e sono andati incontro alla morte. I suoi genitori e il fratello, però, continuano a vivere nella memoria di Sadie e nei piatti che lei cucina per ricordarli. A cinquant’anni, Jack è ormai un borghese benestante (sua figlia è addirittura entrata a Cambridge) e gli manca solo un elemento per diventare completamente inglese: l’iscrizione a un club di golf. Non ha mai giocato a golf, ma sa che questo è lo sport per eccellenza dei gentiluomini inglesi e così comincia a scrivere ai club chiedendo di essere ammesso. Ma, nonostante i tanti anni trascorsi a Londra, per i membri dei club Jack è ancora un estraneo, un ebreo buffo e piccolo di statura che crede di poter comprare tutto solo perché si è arricchito fabbricando moquette e tappeti. Ma il nostro eroe non si perde d’animo e dopo l’ennesimo rifiuto (cortese, ma pur sempre rifiuto) decide di creare il proprio campo da golf. Vende la comoda casa di Londra e trascina la riluttante Sadie in un angolo sperso del Dorset, dove ha acquistato una dimora fatiscente con un’ampia proprietà dove sorgerà il golf club. All’inizio gli abitanti della piccola comunità lo trattano con derisione e ostilità, ma piano piano Jack si farà degli amici che, a modo loro, lo aiuteranno a realizzare il suo sogno (e sentirà anche parlare del mitico maiale lanoso del Dorset).
Credo che il tema
centrale di questo romanzo sia quello dell’identità e dell'integrazione: è giusto, come fa Jack,
cambiare nome e dimenticare il proprio passato per diventare cittadini di un
nuovo stato? O ha ragione Sadie che resta ancorata alla memoria di persone
scomparse da decenni? Oppure sbagliano entrambi? Un perfetto gentiluomo è un
libro che fa pensare e mette un po’ di tristezza, ma senza risultare tragico o
prolisso. Non aspettatevi di ridere, ma forse, come me, sarete affascinati da
Jakob e Sadie.
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