lunedì 30 giugno 2014

Omicidi in pausa pranzo - Viola Veloce



Titolo: Omicidi in pausa pranzo

Autrice: Viola Veloce

Casa editrice: Mondadori

Pagine: 236

Prezzo: 14 euro

Ebook disponibile



Nei ringraziamenti al termine del romanzo, Viola Veloce (è uno pseudonimo) racconta che per molti anni ha inviato i suoi libri agli editori ricevendo solo rifiuti. Dato che voleva capirne il motivo, si è rivolta a vari editor e con la loro collaborazione ha riscritto più volte Omicidi in pausa pranzo. Nel 2013 l’ha autopubblicato su Amazon, si è occupata della pubblicità, ha accolto le critiche dei lettori e ha venduto diecimila copie. A questo punto, le ha scritto la responsabile della Narrativa italiana di Mondadori per dirle che il libro le era piaciuto e l’avrebbe pubblicato volentieri (a condizione che accettasse di apportare alcune correzioni al romanzo). Secondo me, tutto questo dimostra che la possibilità di autopubblicare i propri libri in formato ebook sta diventando sempre più importante: chiunque può raggiungere un vasto pubblico (anche perché spesso i testi autopubblicati costano un euro o poco più), farsi conoscere e magari arrivare ad essere pubblicato da un editore famoso. Grazie ad Amazon, l’autopubblicazione non è più un marchio d’infamia, l’ultima risorsa a cui ricorreva chi non riusciva a trovare una casa editrice seria disposta a investire sul suo libro e si trasformava, per dirla con Umberto Eco, in uno scrittore APS (A Proprie Spese). Naturalmente, va detto che non tutti vendono diecimila copie, anche perché, magari, al contrario di Viola Veloce, non sono disposti ad accettare le critiche e a rimettere mano al romanzo. Ma almeno hanno una possibilità e non devono sborsare denaro a editori cialtroni - ok, si sarà capito come la penso, ma ci tengo a sottolinearlo: se devi pagare per farti pubblicare un libro che hai scritto tu, c’è qualcosa che non va. Niente vieta di farsi pubblicare APS una raccolta di ricette della nonna o di favole della zia da regalare ai parenti, ma questo è un altro discorso.





Veniamo alla trama. Francesca Zanardelli, ragioniera trentenne single, lavora da alcuni anni nell’ufficio Pianificazione e Controllo di una grande azienda milanese. Il suo lavoro è noioso e il clima in azienda non è dei migliori, ma Francesca cerca di tirare avanti, anche perché sa di essere stata fortunata: è stata assunta con uno degli ultimi contratti a tempo indeterminato e può usufruire di ferie e permessi retribuiti, al contrario dei giovani consulenti con contratti precari. Sarà proprio Francesca a scoprire il cadavere della sua vicina di scrivania, Marinella Sereni, strangolata in una toilette. Naturalmente, in azienda si scatena il panico: Marinella non era un genio e bisticciava con tutti, ma chi poteva volerla morta? E se si trattasse di un serial killer? Chi sarà la prossima vittima? Mentre la polizia indaga, anche Francesca si improvvisa detective e cerca di saperne di più sui colleghi con cui lavora da anni ma che, in realtà, conosce ben poco. Viola Veloce descrive con grande acutezza il potente direttore che tutti temono e a cui si rivolgono con servilismo (salvo poi sparlarne appena volta le spalle), l’informatico timido e pignolo, l’agguerrita sindacalista della Cgil soprannominata Crudelia, il collega istrionico e quello introverso. Omicidi in pausa pranzo è molto divertente e lo consiglio soprattutto a chi lavora in un’azienda, perché di sicuro vi ritroverà dei personaggi o delle dinamiche che gli sono familiari. In fin di conti, chi non ha mai sognato di potersi liberare di un collega?  

sabato 21 giugno 2014

Un perfetto gentiluomo - Natasha Solomons


Titolo: Un perfetto gentiluomo

Autrice: Natasha Solomons

Traduzione: Stefano Bortolussi

Casa editrice: Frassinelli

Pagine: 340

Prezzo: 19 euro

Ebook disponibile

Leggendo la sinossi di questo romanzo su Amazon, mi ero fatta l’idea che si trattasse di un libro leggero e divertente, qualcosa tipo il Ciclo di Blandings di Wodehouse. E in effetti  non è un romanzo pesante o noioso, anzi, io l’ho trovato molto coinvolgente, ma al tempo stesso è pervaso da una sottile malinconia. Dunque: il racconto inizia negli anni Trenta, quando il protagonista Jakob Rosenblum, ebreo tedesco, riesce a fuggire da Berlino con la moglie Sadie e la figlia piccola, Elizabeth. Si inventano una nuova vita a Londra e Jakob, che nel frattempo ha cambiato nome in Jack, mette su una fabbrica di moquette e fa di tutto per sembrare il più possibile inglese. All’arrivo in Inghilterra aveva ricevuto un opuscolo di consigli per i profughi e lo segue scrupolosamente, aggiungendo anche nuovi suggerimenti. Non parla mai tedesco, studia l’inglese - anche se l’accento continua a tradirlo -, si veste come un inglese e in tutte le occasioni si profonde in ringraziamenti o scuse. Sadie, invece, resta tenacemente attaccata alla propria identità di ebrea - segue il calendario ebraico e le prescrizioni alimentari - e, quando il marito non può sentirla, parla tedesco. Tanto Jack è ottimista e pieno di gratitudine verso la nuova patria, così Sadie vive nel passato e nei ricordi dei suoi familiari che non sono riusciti a scappare dalla Germania e sono andati incontro alla morte. I suoi genitori e il fratello, però, continuano a vivere nella memoria di Sadie e nei piatti che lei cucina per ricordarli. A cinquant’anni, Jack è ormai un borghese benestante (sua figlia è addirittura entrata a Cambridge) e gli manca solo un elemento per diventare completamente inglese: l’iscrizione a un club di golf. Non ha mai giocato a golf, ma sa che questo è lo sport per eccellenza dei gentiluomini inglesi e così comincia a scrivere ai club chiedendo di essere ammesso. Ma, nonostante i tanti anni trascorsi a Londra, per i membri dei club Jack è ancora un estraneo, un ebreo buffo e piccolo di statura che crede di poter comprare tutto solo perché si è arricchito fabbricando moquette e tappeti. Ma il nostro eroe non si perde d’animo e dopo l’ennesimo rifiuto (cortese, ma pur sempre rifiuto) decide di creare il proprio campo da golf. Vende la comoda casa di Londra e trascina la riluttante Sadie in un angolo sperso del Dorset, dove ha acquistato una dimora fatiscente con un’ampia proprietà dove sorgerà il golf club. All’inizio gli abitanti della piccola comunità lo trattano con derisione e ostilità, ma piano piano Jack si farà degli amici che, a modo loro, lo aiuteranno a realizzare il suo sogno (e sentirà anche parlare del mitico maiale lanoso del Dorset).

Credo che il tema centrale di questo romanzo sia quello dell’identità e dell'integrazione: è giusto, come fa Jack, cambiare nome e dimenticare il proprio passato per diventare cittadini di un nuovo stato? O ha ragione Sadie che resta ancorata alla memoria di persone scomparse da decenni? Oppure sbagliano entrambi? Un perfetto gentiluomo è un libro che fa pensare e mette un po’ di tristezza, ma senza risultare tragico o prolisso. Non aspettatevi di ridere, ma forse, come me, sarete affascinati da Jakob e Sadie.