mercoledì 19 febbraio 2020

Parasite


Pubblico questo post al volo dieci giorni dopo la cerimonia degli Oscar, quindi sicuramente non avete bisogno del mio parere per decidere di recuperare Parasite, prima pellicola non in lingua inglese a vincere il riconoscimento dell'Academy come miglior film. A ogni modo, se ve l'eravate perso (io sono andata a vederlo solo pochi giorni fa), cercate di rimediare. È un'interessante riflessione sulle ingiustizie sociali e la lotta di classe in un mix esplosivo di Tarantino e Ken Loach, con una spruzzata di Shakespeare. Vi farà ridere e vi spaventerà, mentre rifletterete sulla gentilezza dei ricchi, il capitalismo dal volto umano (o è solo una maschera?) e le finzioni che portiamo avanti per tentare di sopravvivere in un mondo sempre più spietato (qui il link al trailer italiano).




domenica 9 febbraio 2020

Il treno dei bambini di Viola Ardone


Napoli, 1946: Amerigo, sette anni e lo sguardo furbetto di chi sa già che deve ingegnarsi per mettere insieme due pasti al giorno, vive con la madre Antonietta in un quartiere poverissimo. Non ha mai conosciuto il padre, che gli ha dato il nome ed è partito per l'America in cerca di fortuna, senza fare ritorno. Ha frequentato la scuola per qualche giorno, ma dopo aver ricevuto dieci scoppole sulla testa dalla maestra ha deciso di non andarci più e sua madre lo ha mandato a fare le pezze, cioè a raccogliere gli stracci vecchi in giro. All'inizio sembrava divertente, ma dopo pochi giorni la stanchezza gli ha fatto rimpiangere le scoppole della maestra. Ad un certo punto, una notizia rimbalza da un capo all'altro del quartiere nel quale vive Amerigo: il Partito Comunista organizza dei viaggi in treno per far trascorrere l'inverno al nord ai bambini poveri, ospiti di famiglie che hanno deciso di accoglierli nelle loro case. Avranno cibo a volontà, potranno andare a scuola, non soffriranno il freddo e non rischieranno di ammalarsi. All'inizio le donne sono titubanti e alcune suore spargono la voce che in realtà i bambini verranno mandati a lavorare in Russia, ma Antonietta, consapevole di quanto sia dura la vita a Napoli, decide di far partire il figlio. A Modena Amerigo trova tre “fratelli” (Rivo, Luzio e Nario), una casa accogliente, una scuola stimolante e scopre di avere talento per la musica. Impara a suonare il violino, assaggia cibi mai provati, va al mare e alle feste. Al termine dell'anno scolastico torna a Napoli, è desideroso di riabbracciare sua madre e di raccontarle tutte le bellissime esperienze che ha vissuto, ma Antonietta non condivide il suo entusiasmo. A Napoli nulla è cambiato, Amerigo deve dimenticare la scuola e lo studio del violino per andare a bottega da un calzolaio e portare a casa qualche soldo. Inizia così l'allontanamento fra madre e figlio, diventati ormai mondi lontanissimi che non sono più in grado di comunicare. Antonietta vuole bene a Amerigo, ma non glielo ha mai dimostrato con una carezza, una parola gentile, un gesto affettuoso, forse perché, quando il tuo obiettivo principale è la sopravvivenza, non riesci a immaginare il superfluo. Prima dei mesi trascorsi a Modena, per Amerigo i modi bruschi della madre e la vita nel quartiere misero e soffocante erano la normalità, ma dopo aver conosciuto una realtà diversa non riesce più a adattarsi al pane secco a colazione, al lavoro, a un'esistenza senza prospettive. Il treno dei bambini è una storia avvincente di amore e sofferenza, di perdita e ritorno. Un romanzo che racconta che a volte, per scoprire chi siamo davvero, dobbiamo allontanarci dalle nostre radici, ma il dolore della separazione resterà con noi per sempre.

Einaudi, 233 pagine, 17.50 euro, ebook disponibile.