Titolo:
Avventure della ragazza cattiva
Autore:
Mario Vargas Llosa
Traduzione:
Glauco Felici
Casa editrice:
Einaudi
Pagine: 357
Prezzo: 13 euro
Nell’estate del 1950 Ricardo, poco più che bambino, conosce Lily, una coetanea diversa da tutte le altre ragazzine incontrate fino a quel momento: una bambina quasi donna, maliziosa, sfrontata, con gli occhi color miele luminosi ma al tempo stesso pieni di segreti. Ricardo, come tutti i suoi amici, se ne innamora a prima vista, ma Lily rifiuta con ostinazione tutti i corteggiatori. È una ragazzina misteriosa - non parla mai della propria famiglia, non invita nessuno a casa sua - e le altre ragazze, forse anche un po’ invidiose del suo successo con i ragazzi, presto iniziano a parlare male di lei. Gli amici di Ricardo si rassegnano ai rifiuti di Lily, ma lui non riesce a dimenticarla e quando, anni dopo, la rincontra a Parigi capisce di essere ancora perdutamente innamorato di lei. Lily però è una niña mala, una ragazza cattiva (una malafemmina?): seducente, capace di tenere in pugno gli uomini - soprattutto Ricardo -, ma senza scrupoli e, forse, non in grado di amare nessuno oltre a se stessa. La storia d’amore a senso unico fra lei e Ricardo diventa un’ossessione, una malattia, un legame tormentato che per l’uomo si rivela quasi letale. La niña mala gli racconta un sacco di bugie, lo tratta male e scappa senza dargli spiegazioni, eppure Ricardo si sente davvero vivo solo quando ha Lily accanto a sé. Sullo sfondo, la storia europea e quella del Perù, paese natale di Ricardo, dal quale però si allontana sempre di più.
Avventure
della ragazza cattiva mi è piaciuto molto, ma non lo consiglio a cuor leggero.
A differenza de La zia Julia e lo scribacchino, è un romanzo triste. Non triste
in senso sentimental-piagnucoloso, ma triste nel senso che ti fa riflettere
sulle relazioni umane e alla fine ti lascia un po’ di magone. Poi ci sono tanti
lutti, morti, malattie, il destino del Perù che non riesce a modernizzarsi e in
cui chi ha capacità preferisce andare all’estero (un po’ come in Italia). È
scritto benissimo e merita, però potrebbe lasciarvi un po’ di amaro in bocca.
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