mercoledì 12 agosto 2020

Tanti piccoli fuochi di Celeste Ng: com'è difficile essere madri

 Celeste Ng non è una novità su questo blog: alcuni anni fa avevo parlato del suo romanzo d’esordio in questo post. In Everything I Never Told You, l’autrice americana di origine cinese raccontava con grande capacità di introspezione psicologica le vicende di una famiglia i cui membri, schiacciati dal peso di un’identità difficile da gestire, vivono nel silenzio e nella sofferenza. L’esplorazione del tema dell’identità personale ritorna in Tanti piccoli fuochi e ad essa si affianca la riflessione su un’altra tematica: la maternità, compiuta o mancata. Lo sfondo della storia è la cittadina (non immaginaria) di Shaker Heights, in Ohio, che l’autrice conosce bene, perché vi è cresciuta. Shaker Heights è stata fondata agli inizi del Novecento con una pianificazione urbana estremamente rigida e tutt’ora molti aspetti della vita della comunità sono regolati con grande precisione: per esempio, la spazzatura deve essere lasciata sul retro delle case e non di fronte, dove non sarebbe bella da vedere. 

Questo video racconta di bravi cittadini con valori solidi, ambiziosi, grandi lavoratori, impegnati nella vita della comunità: insomma, l’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Elena Richardson, una delle protagoniste del romanzo, incarna proprio questo spirito: ha progettato la propria vita senza lasciare nulla al caso. Prima gli studi, poi il lavoro come reporter nel giornale locale, in parallelo il matrimonio e l’arrivo dei quattro figli. È precisa, affidabile, non ha vizi, fa attività fisica regolarmente, tutto nelle sue giornate è pianificato con cura. E quindi, come mai all’inizio del romanzo la troviamo scarmigliata e in vestaglia, che assiste impotente e atterrita all’incendio della sua bella casa, causato dai tanti piccoli fuochi del titolo? E dov’è Izzy, la figlia minore, la pecora nera, quella che Elena non è mai riuscita a comprendere? Per rispondere a queste domande, bisogna riavvolgere il nastro fino all’arrivo a Shaker Heights di Mia, artista afroamericana dall’animo vagabondo, e di sua figlia, l’adolescente Pearl. Viaggiano sole, su una vecchia auto carica dei loro pochi averi. Hanno girovagato per gli Stati Uniti, e Mia ha promesso alla figlia che finalmente si fermeranno. Elena si interessa a quella donna dalla vita così diversa della sua, e decide di fare un’opera buona offrendole di abitare in un appartamento di sua proprietà in cambio di alcuni lavori domestici. Mia e Pearl entrano così di soppiatto nel ménage familiare dei Richardson, e la ragazza fa amicizia con i figli di Elena, affascinata dalla loro sicurezza in sé stessi. La tranquilla quotidianità di Elena deraglia bruscamente quando una sua amica di vecchia data e il marito, dopo anni di infruttuosi tentativi di avere figli, riescono a diventare genitori di una deliziosa bambina cinese, abbandonata davanti a una caserma dei pompieri in una fredda notte d’inverno. Veniamo a scoprire che Bebe Chow, la madre della piccola, è una conoscente di Mia. La giovane donna, clandestina, era stata lasciata dal fidanzato, e ritrovatasi sola e senza denaro in un paese straniero, in preda alla disperazione era arrivata alla dolorosa decisione di separarsi dalla bambina. Se ne era pentita però ben presto, e quando scopre che la sua May Ling, adesso rinominata Mirabelle, è stata adottata, decide di avviare una battaglia legale per riaverla. La maternità si declina in modi diversi in Elena, Mia, Bebe e Linda, la madre adottiva di May Ling/Mirabelle. Elena desiderava una famiglia numerosa e l’ha ottenuta, ma non riesce a stabilire un contatto con la ribelle Izzy, che forse le assomiglia più di quanto sia disposta ad ammettere; Mia, madre giovane e single, magari non aveva programmato di crescere una figlia, ma quando se l’è ritrovata fra le braccia si è resa conto di amarla moltissimo. Bebe ha tentato disperatamente di dare alla sua bambina l’opportunità di una vita migliore, ma si rende conto (troppo tardi?) che le cose avrebbero potuto andare diversamente, mentre Linda, esasperata dagli aborti spontanei, vede in Mirabelle l’unica chance di realizzare il proprio desiderio di diventare madre, costi quel che costi.

Celeste Ng si conferma una narratrice di talento, abilissima nell’indagare la psicologia, i pregi e i difetti dei propri personaggi. Dal romanzo è stata tratta la serie omonima disponibile su Amazon Prime Video. L’ho iniziata e gli attori scelti mi sembrano perfetti, ma ho notato che alcuni elementi sono stati modificati rispetto al libro, quindi probabilmente non è una trasposizione del tutto fedele.

Traduzione di Manuela Faimali, Bollati Boringhieri, 374 pagine, 14 euro, ebook disponibile. 



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