Non sono una
grandissima fan di Nick Hornby: anni fa avevo letto “Alta fedeltà” e mi era
piaciuto, ma non così tanto da spingermi a interessarmi ancora alla produzione
di Hornby. Comunque sia, un po’ di tempo fa vari blog hanno iniziato a
segnalare l’ultimo testo di questo autore e mi sono incuriosita. È un racconto
abbastanza breve (l’ebook è di una trentina di pagine) che inizia con il
protagonista, Charlie, che si separa dalla moglie. Affrontare la fine di un
matrimonio è sempre difficile, ma lo diventa ancora di più se la tua ex moglie
è una giornalista che ha costruito la propria notorietà sul raccontare tutto,
ma proprio tutto, della propria vita. Il che significa che ora inaugura una
rubrica intitolata Bastard! in cui
racconta urbi et orbi le tue nefandezze coniugali: da quella volta in cui ti
sei ubriacato la vigilia di Natale, a quando hai imprecato davanti ai figli,
senza tralasciare le tue performance non proprio ottimali a letto. La rubrica è
pubblicata sia sul giornale cartaceo che sulla versione online, quindi chiunque
può sbirciare nella vita privata di Charlie e lasciare un commento. Credo che
un grande punto di forza di questo racconto sia proprio il fatto che sottolinea
come la nostra società, grazie a un uso talvolta improprio della tv e di internet,
stia diventando sempre più… mi verrebbe da dire “pettegola”, ma non è il
termine adatto. La curiosità per gli affari altrui è sempre esistita, quello a
cui stiamo assistendo ora è che chiunque, protetto dall’anonimato di un
nickname, può ergersi a giudice della vita di perfetti sconosciuti e dispensare
a piene mani opinioni e consigli spesso non richiesti. Charlie, esposto al
pubblico ludibrio, si sente ovviamente ferito e cerca di ignorare tutta la
faccenda... Termino qui perché, vista la brevità del racconto, potrei fare
qualche spoiler e sarebbe un peccato. Secondo me il materiale è molto
interessante e avrebbe potuto anche essere sfruttato per una narrazione più
lunga. Una domandina per l’editore Guanda: nove euro per un libro di 65 pagine
non sono un po’ tanti?
"Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere" (Daniel Pennac, "Come un romanzo")
sabato 5 ottobre 2013
giovedì 3 ottobre 2013
Helen Forrester (post cumulativo)
Avevo iniziato a
leggere Twopence to Cross the Mersey
senza particolari aspettative: non conoscevo l’autrice e la storia non sembrava
molto allegra. Helen è la primogenita di una famiglia benestante che perde
tutto nella crisi del ’29 e si trasferisce nei quartieri degradati di Liverpool
per ricominciare da capo. I genitori di Helen hanno la deplorevole tendenza a
sfornare figli (sette in totale) e poi a disinteressarsene: danno per scontato
che la primogenita, che ha dieci anni quando il racconto inizia, accantonerà di
buon grado tutti i propri sogni per dedicarsi ai fratelli e alle sorelle. La
madre, abituata alle conversazioni brillanti con gli intellettuali e ad avere
varie persone di servizio, fatica moltissimo ad abituarsi alla nuova vita. Il
padre, che ha fatto delle speculazioni sbagliate e non si è mai del tutto
ripreso dall’orrore della Grande Guerra, deve accettare un lavoro umile per
mantenere la famiglia.
Con questo
materiale autobiografico, molti scrittori avrebbero potuto calcare la mano sui
toni patetici o addirittura melensi. Il bello della Forrester, invece, è che
non si piange mai addosso: lo stile è sempre asciutto ed essenziale, i fatti
vengono mostrati per quello che sono e il lettore è libero di trarre le proprie
conclusioni. In quattro volumi (Twopence
to Cross the Mersey, Liverpool Miss,
By the Waters of Liverpool, Lime Street at Two) Helen Forrester
racconta la storia della propria famiglia dal ’29 fino al secondo dopoguerra:
una famiglia segnata da conflitti e litigi, in cui le normali discussioni causate
dalle differenze caratteriali sono esacerbate dalla povertà estrema. Non c’è
mai abbastanza cibo e mancano elementi essenziali della vita quotidiana, come
il sapone e le coperte (per non parlare del riscaldamento o dell’acqua
corrente). I familiari di Helen danno per scontato che lei stia sempre a casa e
la ragazza dovrà lottare per poter studiare e poi andare a lavorare. Sullo
sfondo, la Liverpool dell’epoca: una città povera e sporca, i cui abitanti però
sono capaci di gentilezza e generosità. Mi ha colpito molto la parte sulla Seconda
Guerra Mondiale: la città è sconvolta dai bombardamenti e appena tramonta il
sole bisogna oscurare tutti i vetri per evitare di dare punti di riferimento
alla Luftwaffe. Una sera, mentre torna dal lavoro, il padre di Helen inciampa
in un mucchio di detriti e cade. Un passante lo sente, si avvicina e lo aiuta a
rialzarsi. Nella caduta il signor Forrester ha perso la sua torcia e l’uomo si
offre di accompagnarlo a casa. I due si incamminano e il padre di Helen arriva
a casa sano e salvo. Ringrazia il suo soccorritore e si meraviglia di come sia
riuscito a portarlo a destinazione nel buio fitto, senza neanche una luce
flebile: “Oh, non ne ho bisogno” risponde l’altro “Sono nato cieco”. Ecco,
questo episodio del cieco che accompagna uno che ci vede in una città stravolta
dalla guerra mi è rimasto impresso e credo che costituisca una delle testimonianze
- di cui i libri della Forrester sono ricchi – di come sia possibile vivere in
condizioni estremamente difficili.
Credo che questi
volumi non siano mai stati tradotti in italiano, secondo me meriterebbero.
martedì 1 ottobre 2013
Agatha Raisin e il veterinario crudele - M.C. Beaton
Titolo:
Agatha Raisin e il veterinario crudele
Autrice:
M.C. Beaton
Traduzione:
Marina Morpurgo
Casa editrice:
Astoria
Pagine: 219
Prezzo: 15 euro
“Agatha Raisin e
il veterinario crudele”, consigliatomi dalla Leggivendola, è in realtà il
secondo volume della serie (il primo è “Agatha Raisin e la quiche letale”). Come
però la cara Leggivendola mi aveva spiegato, non è fondamentale leggere i libri
nell’ordine in cui sono stati scritti, quindi ho cominciato da questo.
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