Titolo:
Agatha Raisin e il veterinario crudele
Autrice:
M.C. Beaton
Traduzione:
Marina Morpurgo
Casa editrice:
Astoria
Pagine: 219
Prezzo: 15 euro
“Agatha Raisin e
il veterinario crudele”, consigliatomi dalla Leggivendola, è in realtà il
secondo volume della serie (il primo è “Agatha Raisin e la quiche letale”). Come
però la cara Leggivendola mi aveva spiegato, non è fondamentale leggere i libri
nell’ordine in cui sono stati scritti, quindi ho cominciato da questo.
Agatha
Raisin è una cinquantenne che ha deciso di ritirarsi dall’attività di pubbliche
relazioni per andare in pensione a Carsely, un ameno villaggetto nei Cotswolds.
Avete presente quei posticini di campagna dove tutti si conoscono e le signore
si incontrano per prendere il tè dalla moglie del pastore? Ecco, un luogo così.
Per motivi ad oggi sconosciuti, fin dai tempi di Agatha Christie questi
graziosi villaggi sono periodicamente funestati da orrendi delitti e Carsely
non fa eccezione (a volte sospetto che questi villaggi abbiano un tasso di criminalità più alto di quello di Caracas).
Nello specifico, il morto è il fascinoso veterinario, Paul
Bladen, molto corteggiato dalle signore e ottimo medico per i cavalli e gli
animali da cortile, ma stranamente negato per la cura di cani e gatti. All’inizio
la polizia ritiene che la morte sia avvenuta per cause accidentali, ma Agatha
si rende subito conto che c’è qualcosa di strano e tenta di saperne di più. La
aiuta nelle indagini il suo vicino di casa, James Lacey, un maggiore in
pensione per il quale Agatha ha una cotta - peccato che lui rifugga come la
peste la sola idea di una relazione con lei. Agatha è un personaggio
interessante perché ha un sacco di difetti: è impulsiva, ostinata e a causa
delle proprie origini non proprio nobili si sente un po’ a disagio nell’ambiente
altolocato della campagna inglese. Questa figura imperfetta risulta subito
simpatica e rende la lettura molto piacevole e scorrevole.
Parte
del merito è senza dubbio dell’ottima traduzione di Marina Morpurgo (della cui
attività come scrittrice avevo invece parlato qui), che rende benissimo il
caratteristico humour inglese. Mi permetto di fare solo un piccolo appunto,
relativo a un elemento che mi è capitato spesso di incontrare nelle traduzioni
di gialli inglesi. Sappiamo che in questi libri le indagini si fanno spesso
spettegolando e quale occasione migliore di un tè? Il quale è di solito
accompagnato dalle ‘focaccine’. L’abbinamento tè e focaccine mi ha sempre
lasciato un po’ perplessa, ma si sa, paese che vai cucina che trovi, se non
fosse che un bel giorno ho scoperto che queste benedette focaccine in inglese
si chiamano scones. Dato che li ho mangiati
(in Irlanda. Son buoni!), vorrei dire sommessamente che non c’entrano nulla con
le focaccine come di solito le intendiamo in Italia. Si tratta di prodotti da forno
che spesso vengono serviti con marmellata, burro o panna acida, ma possono
essere mangiati anche con il formaggio o il prosciutto. Non credo che i traduttori non sappiano
cosa sono, ma capisco che sia difficile tradurre il termine in italiano. Magari
gli editori decidono che è meglio mettere ‘focaccine’, che secondo me però è un
addomesticamento eccessivo e un po’ fuori luogo. Io lascerei l’originale, al
limite con una nota (ma so che molti editori sono contrari all’uso delle note
nella narrativa).
Lietissima che ti sia piaciuto *O*
RispondiEliminaUhm. Magari potrei impegnarmi e fare gli scones... ed è un gran peccato che molti editor non gradiscano le note, a me fanno un sacco comodo. Tra l'altro quelle della traduttrice Zazo nei romanzi di Georgette Heyer sono spassosissime e la Astoria le ha eliminate ;__;
Davvero la Astoria ha tolto le note della Zazo? :( Peccato!
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