venerdì 28 giugno 2019

La ballata del vecchio marinaio


In questi giorni, seguendo alla tv le vicende della Sea Watch 3, mi è tornata in mente La ballata del vecchio marinaio di Coleridge. In questo testo, un anziano marinaio racconta a un giovanotto alcuni strani eventi dei quali è stato protagonista. La nave sulla quale si trovava insieme ai compagni solcava un paesaggio di ghiacci quando un albatro comincia a seguirli. L'uccello diventa una presenza costante per la ciurma e la navigazione procede con serenità, ma ad un certo punto, senza un motivo apparente, il marinaio lo uccide. Da quel momento, il soprannaturale si impossessa della nave: il vento cade all'improvviso, il sole, “iniettato di sangue” (traduzione di Franco Marucci, edizione Mondadori), brucia il viso e le gole dei marinai, l'imbarcazione si ferma “come la sagoma d'una nave in mezzo a un oceano dipinto”. In questa calma irreale, gli uomini vedono mostri marini, presenze spettrali, fuochi fatui, mentre sono riarsi dalla sete, perché c'è acqua ovunque, “ma non un goccio da bere”. La ciurma accusa il marinaio di aver provocato queste sciagure con l'uccisione dell'albatro, ma il morale di tutti si risolleva quando all'orizzonte appare una nave. Ben presto, però, i marinai si rendono conto che non otterranno aiuto: l'imbarcazione, infatti, è in realtà un relitto governato da uno scheletro e una figura femminile, bellissima ma con “la pelle bianca come la lebbra”. I due fanno una partita a dadi e lo scheletro, cioè la Morte, vince i compagni del marinaio, che uno dopo l'altro cadono a terra privi di vita. Il vecchio marinaio rimane solo e vede dei serpenti marini: invece di provare ribrezzo, è affascinato da loro e li benedice, spezzando così l'incantesimo malefico che lo tiene in ostaggio. Credo che i migranti che tutt'ora si trovano davanti alle nostre coste, fuggiti dai loro Paesi e dalle atrocità delle prigioni in Libia, da due settimane in balia delle onde in un giugno eccezionalmente caldo, potrebbero farci un racconto simile a quello del vecchio marinaio. Anche noi abbiamo ucciso l'albatro: l'umanità e la compassione, sacrificate in un gioco politico nel quale non sembra esserci posto per il rispetto della dignità delle persone. Siamo tutti sulla Sea Watch 3 e assistiamo alle partite a dadi fra i governi europei, alle esibizioni di forza di chi dovrebbe guidarci e invece fa leva sulle nostre paure per tenerci in pugno. Non ho soluzioni pronte per la questione complessa dell'immigrazione, che sicuramente deve essere affrontata da tutte le nazioni europee e per la quale non può bastare un generico buonismo. Ma se perdiamo l'empatia, l'umanità e il rispetto per i diritti umani, la nostra sorte non potrà che essere simile all'incubo vissuto dal protagonista della ballata di Coleridge. Una volta tornato a casa, il vecchio marinaio ha una missione: raccontare a tutti ciò che è accaduto sulla nave, portare la propria testimonianza affinché quello che è successo non si ripeta più. Non cambiamo canale quando il telegiornale ci aggiorna sugli sbarchi dei migranti, cerchiamo di capirne di più, ascoltiamo chi parla una lingua diversa dalla nostra e ha negli occhi degli orrori che noi, come il giovane invitato a nozze al quale il marinaio racconta la propria storia, possiamo solo tentare di immaginare. Non perdiamo la capacità di accogliere e di indignarci per le persone morte in mare o mentre attraversavano un fiume con il sogno di raggiungere una vita migliore.

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