Com’è andato il mese di agosto? Spero che vi siate rilassati e abbiate fatto delle buone letture! Io ho cominciato questo mese con un libro che volevo leggere da un po’ di tempo: In Cold Blood di Truman Capote (A sangue freddo, Garzanti, 17 euro, traduzione di M. Dèttore). Con questo libro, Capote inventa il genere letterario detto non-fiction novel, cioè la narrazione, più o meno romanzata, di fatti realmente accaduti. In una tranquilla notte del novembre del 1959, la vita della comunità di Holcomb, una piccola città prospera e serena, viene sconvolta per sempre: due giovani balordi, Dick Hickock e Perry Smith, si introducono in casa del proprietario terriero Herb Clutter per rubare e lasciano dietro di sè i cadaveri di Herb, sua moglie Bonnie e i due figli adolescenti Kenyon e Nancy. La famiglia Clutter era rispettata e benvoluta a Holcomb e all’inizio la polizia non riesce a comprendere i moventi di un gesto così brutale, anche perché dalla casa sono stati portati via solo pochi spiccioli (chi conosceva Herb Clutter sapeva che preferiva usare gli assegni piuttosto che il denaro contante). In questo romanzo non c’è la caccia agli assassini che troviamo in un giallo stile Agatha Christie, perché il lettore conosce fin dall’inizio l’identità dei killer, il loro piano e i loro movimenti. Quello che non sappiamo, e che ci viene raccontato gradualmente dall’autore, è chi sono davvero Dick e Perry, che infanzia hanno avuto, da quali famiglie provengono, che cosa sognano, di cosa hanno paura, come sono arrivati ad uccidere a sangue freddo quattro persone inermi che non avevano mai visto prima di quella notte. Arriviamo piano piano a conoscerli, sembra quasi di sentire le loro voci - diverse fra loro, Dick ha un linguaggio semplice e ama fare battute, mentre Perry cerca di darsi un tono usando termini sofisticati - che ci raccontano episodi della loro vita, come se fossimo seduti a mangiare un hamburger con loro. È possibile che questi due ragazzi tutto sommato simpatici siano le stesse persone che hanno ucciso quattro innocenti senza motivo? Da dove nasce il male, ma soprattutto, possiamo davvero ritenerci immuni dalla violenza? Possiamo credere di essere diversi da Dick e Perry, migliori di loro, forse addirittura superiori? Capote racconta i fatti e non risponde alle nostre domande, lasciandoci il compito di riflettere e di trovare le nostre risposte. Truman Capote si documentò in modo approfondito per scrivere A sangue freddo: insieme all’amica Harper Lee (autrice di Il buio oltre la siepe) andò di persona a Holcomb per parlare con le persone che vivevano lì, si mise in contatto con i poliziotti che indagavano sul caso ed ebbe un fitto scambio epistolare con Dick e Perry. In realtà, non tutto quello che è raccontato nel romanzo è accaduto, o almeno non nel modo in cui ci viene descritto dall’autore, e per questo Capote ha ricevuto varie critiche. Aldilà di una puntigliosa ricostruzione filologica degli eventi, credo che l’autore abbia descritto in modo magistrale la psicologia dei due assassini e abbia costruito un romanzo che spinge il lettore a porsi degli interrogativi molto importanti.
Truman Capote e Harper Lee (fonte: Time)
Il secondo romanzo che ho letto ad agosto è La bibliotecaria di Marina Di Domenico (Elliot, 16 euro, ebook disponibile). La protagonista, Roberta, è una giovane bibliotecaria che da Novara si trasferisce in uno sperduto paesino dell'Abruzzo per mettere quanta più distanza possibile fra sé e il fidanzato violento che l'ha quasi uccisa. La ragazza fa subito la conoscenza della segretaria del sindaco, dei notabili del paese, che come da copione appartengono alla stessa famiglia, di Nicola, un uomo anziano che per tutta la vita si è occupato della vasta biblioteca, frutto di una donazione fatta da un collegio di suore chiuso da molti anni. In paese sono in molti a scommettere che Roberta non riuscirà a sopportare la vita in mezzo alle montagne, ma la ragazza trova nel paesino la pace di cui ha bisogno per cercare di dimenticare l'ex fidanzato. Ad un certo punto, però, iniziano ad accadere dei fatti strani riconducibili alla scomparsa di Angela, una bambina del paese, sparita nel nulla alla metà degli anni Cinquanta. Roberta capisce che qualcuno le sta lasciando degli indizi affinché lei faccia luce su un mistero che turba ancora le coscienze di molti cittadini e indaga, raccogliendo i pettegolezzi e i ricordi degli anziani, con l'aiuto di un giovane giornalista. Al clima di suspence -c'è perfino l'inspiegabile apparizione di una ragazzina incredibilmente simile ad Angela- si aggiunge la tensione per un possibile ritorno dell'ex di Roberta, che nel frattempo è uscito dal carcere. Il punto di partenza di questo romanzo è molto interessante e lo sviluppo della vicenda, anche se forse un po' contorto in alcuni punti, è comunque plausibile. L'unica pecca che ho riscontrato in questo libro è la brevità: 154 pagine sono un po' poche per spiegare nel dettaglio tutti gli elementi della storia e per approfondire la psicologia dei personaggi. Resta una lettura gradevole e avvincente, ma credo che la narrazione avrebbe meritato qualche pagina in più.
L'ultimo libro di questo mese è Un delitto fatto in casa di Gianni Farinetti (Marsilio, 12,50 euro, ebook disponibile). La casa del titolo è quella della famiglia alto borghese dei Guarienti, anzi, le case che compaiono nel romanzo sono tre: la villa padronale di Bra, nel cuneese, la cosiddetta “villa piccola” a poca distanza e la casa in Costa Azzurra. Si capisce quindi che i Guarienti sono molto agiati: la loro fortuna deriva da una solidissima impresa di costruzioni della quale tiene saldamente le redini Cesare Guarienti, aiutato dal nipote Edoardo, un giovanotto ambizioso che non esita a fare affari con personaggi discutibili pur di raggiungere i propri obiettivi. Cesare è un uomo inflessibile, che ama il potere ed esercita la propria autorità su familiari e collaboratori. Quindi, come ogni Natale, secondo le sue disposizioni tutta la famiglia si riunisce in Costa Azzurra per festeggiare, mentre a Nizza un amico (anzi, qualcosa di più di un amico) di Sebastiano, il figlio di Cesare, è testimone casuale dello strano suicidio di una donna anziana con la passione per il gioco d'azzardo. Va bene, mi direte voi, ma cosa c'entra la famiglia Guarienti? C'entra, ma per arrivare a capire il legame non bisogna avere fretta. Questo romanzo mi ha ricordato un po' Enigma in luogo di mare (ne ho parlato qui): il delitto è soprattutto il pretesto per descrivere un ambiente, certi personaggi, ciò che li unisce e ciò che li divide. Cosa lega Cesare a sua moglie Anna e qual è invece il suo rapporto con la cognata Adriana, vedova da anni di Gioacchino, archeologo scomparso in Iraq? Cosa ha visto tanti anni prima la domestica Maddalena, ormai cieca ma con ancora un'ottima memoria? Non fatevi scoraggiare dalle quattro pagine che elencano i personaggi del romanzo: una volta entrati nella storia, riuscirete a distinguerli con facilità. Se amate le ricostruzioni di certi ambienti e certe atmosfere e le descrizioni psicologiche, sapete cogliere i dettagli e non avete fretta di scoprire chi è l'assassino, Un delitto fatto in casa è il romanzo giusto per voi.
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