Titolo:
'Il fondamentalista riluttante'
Autore:
Mohsin Hamid
Traduzione:
Norman Gobetti
Casa editrice:
Einaudi
Pagine: 134
Prezzo: 9.50 euro
“Vidi crollare
prima una e poi l’altra delle torri gemelle del World Trade Center di New York.
E allora sorrisi. Sì, per quanto
possa apparire deprecabile, la mia prima reazione fu di notevole compiacimento”.
Ricordate
dove eravate l’undici settembre del 2011? Io ero a casa e avevo acceso la
televisione. Vedendo le immagini dell’attacco pensai ‘Uff, il solito film di
fantascienza’ e cambiai canale. Ma le immagini si ripetevano, ancora e ancora.
Ovviamente è facile guardare all’undici settembre dal punto di vista degli
europei, per non parlare di quello degli americani. Ma il resto del mondo?
Changez è un pachistano che a diciotto anni vince una borsa di studio per la
prestigiosissima università di Princeton. È ambizioso, si dà da fare, si laurea
in modo brillante e viene poi assunto in una ditta non grandissima ma
importante. In poche parole, la ditta si occupa di valutare il possibile
rendimento di varie attività e segnalare al committente se è il caso di sfrondare
l’organico dei dipendenti (insomma, licenziare qualcuno). Changez lavora
tantissimo e si guadagna la stima di uno dei capi, Jim, un uomo che ha la
capacità di capire al volo i sentimenti di chi gli sta di fronte. E Jim
comprende subito che il ragazzo non è sereno: Changez, infatti, al contrario di
molti suoi colleghi ed ex compagni di Princeton, proviene da una famiglia
modesta e se ne vergogna. In realtà, i suoi genitori tutto sommato sono
benestanti, ma in passato la famiglia era abbiente e poi si è impoverita,
quindi Changez è cresciuto con la consapevolezza che avrebbe potuto essere
ricco. Quando si trasferisce negli Stati Uniti cerca in tutti i modi di
assimilarsi allo stile di vita dei figli delle classi alte: all’università fa
dei lavoretti ma non lo dice a nessuno e simula la tranquillità di chi sa di
avere il portafogli sempre pieno. Si innamora di Erica, una ragazza bellissima
ma imprigionata in un passato tormentato che la porterà ad alienarsi sempre di
più dalla realtà. Dopo l’undici settembre, i difetti della sua patria di
adozione gli diventano sempre più chiari (il neocolonialismo, la guerra giusta)
e Changez comincia anche a chiedersi quanto sia sensata la devozione maniacale
verso il lavoro. Torna in Pakistan per un po’, ma anche lì si trova a disagio:
i suoi familiari
pensano che la vita negli Stati Uniti sia un salto di qualità notevole e
Changez non riesce a spiegar loro i motivi del suo malessere. Diventa un uomo a
metà fra due mondi e due stili di vita, privo di punti saldi a cui aggrapparsi,
in bilico fra realtà completamente diverse.
Ho trovato
interessante questo romanzo proprio per il modo in cui descrive il travaglio
interiore del protagonista, un uomo che forse è soprattutto alla disperata
ricerca di se stesso e di un’identità socialmente prestigiosa. Il denaro è
molto presente in ‘Il fondamentalista riluttante’: denaro svanito, come quello
della famiglia di Changez, denaro che serve per pagare vacanze all’estero, come
quello degli studenti di Princeton. Denaro, ovviamente, come segno di successo
e di grazia divina, come spiega Weber in ‘L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo’.
Pubblicato nel
2007, questo libro è anche un’affascinante riflessione sulle conseguenze
dell’undici settembre e della guerra che ne seguì, analisi resa ancora più
attuale dal fatto che proprio in questi giorni gli Stati Uniti stanno valutando
l’opportunità di attaccare la Siria. Segnalo in proposito il commento del premio Pulitzer Thomas
Friedman: “I keep reading
about how Iraq was the bad war and Libya was the good war and Afghanistan was
the necessary war and Bosnia was the moral war and Syria is now another
necessary war. Guess what! They are all
the same war” (New York Times, 7 settembre 2013).
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