mercoledì 11 settembre 2013

Il fondamentalista riluttante - Mohsin Hamid



Titolo: 'Il fondamentalista riluttante'

Autore: Mohsin Hamid

Traduzione: Norman Gobetti

Casa editrice: Einaudi

Pagine: 134

Prezzo: 9.50 euro



“Vidi crollare prima una e poi l’altra delle torri gemelle del World Trade Center di New York. E allora sorrisi. Sì, per quanto possa apparire deprecabile, la mia prima reazione fu di notevole compiacimento”.
 
Ricordate dove eravate l’undici settembre del 2011? Io ero a casa e avevo acceso la televisione. Vedendo le immagini dell’attacco pensai ‘Uff, il solito film di fantascienza’ e cambiai canale. Ma le immagini si ripetevano, ancora e ancora. Ovviamente è facile guardare all’undici settembre dal punto di vista degli europei, per non parlare di quello degli americani. Ma il resto del mondo? Changez è un pachistano che a diciotto anni vince una borsa di studio per la prestigiosissima università di Princeton. È ambizioso, si dà da fare, si laurea in modo brillante e viene poi assunto in una ditta non grandissima ma importante. In poche parole, la ditta si occupa di valutare il possibile rendimento di varie attività e segnalare al committente se è il caso di sfrondare l’organico dei dipendenti (insomma, licenziare qualcuno). Changez lavora tantissimo e si guadagna la stima di uno dei capi, Jim, un uomo che ha la capacità di capire al volo i sentimenti di chi gli sta di fronte. E Jim comprende subito che il ragazzo non è sereno: Changez, infatti, al contrario di molti suoi colleghi ed ex compagni di Princeton, proviene da una famiglia modesta e se ne vergogna. In realtà, i suoi genitori tutto sommato sono benestanti, ma in passato la famiglia era abbiente e poi si è impoverita, quindi Changez è cresciuto con la consapevolezza che avrebbe potuto essere ricco. Quando si trasferisce negli Stati Uniti cerca in tutti i modi di assimilarsi allo stile di vita dei figli delle classi alte: all’università fa dei lavoretti ma non lo dice a nessuno e simula la tranquillità di chi sa di avere il portafogli sempre pieno. Si innamora di Erica, una ragazza bellissima ma imprigionata in un passato tormentato che la porterà ad alienarsi sempre di più dalla realtà. Dopo l’undici settembre, i difetti della sua patria di adozione gli diventano sempre più chiari (il neocolonialismo, la guerra giusta) e Changez comincia anche a chiedersi quanto sia sensata la devozione maniacale verso il lavoro. Torna in Pakistan per un po’, ma anche lì si trova a disagio: i suoi familiari pensano che la vita negli Stati Uniti sia un salto di qualità notevole e Changez non riesce a spiegar loro i motivi del suo malessere. Diventa un uomo a metà fra due mondi e due stili di vita, privo di punti saldi a cui aggrapparsi, in bilico fra realtà completamente diverse.


Ho trovato interessante questo romanzo proprio per il modo in cui descrive il travaglio interiore del protagonista, un uomo che forse è soprattutto alla disperata ricerca di se stesso e di un’identità socialmente prestigiosa. Il denaro è molto presente in ‘Il fondamentalista riluttante’: denaro svanito, come quello della famiglia di Changez, denaro che serve per pagare vacanze all’estero, come quello degli studenti di Princeton. Denaro, ovviamente, come segno di successo e di grazia divina, come spiega Weber in ‘L’etica protestante e lo spirito del capitalismo’.
 
Pubblicato nel 2007, questo libro è anche un’affascinante riflessione sulle conseguenze dell’undici settembre e della guerra che ne seguì, analisi resa ancora più attuale dal fatto che proprio in questi giorni gli Stati Uniti stanno valutando l’opportunità di attaccare la Siria. Segnalo in proposito il commento del premio Pulitzer Thomas Friedman: “I keep reading about how Iraq was the bad war and Libya was the good war and Afghanistan was the necessary war and Bosnia was the moral war and Syria is now another necessary war. Guess what! They are all the same war” (New York Times, 7 settembre 2013).

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