venerdì 15 febbraio 2019

Middle England di Jonathan Coe: il romanzo da leggere se volete capire come si è arrivati alla Brexit


In questo romanzo, che copre un arco temporale che va dall'aprile 2010 al settembre 2018, Jonathan Coe riprende le fila della vita di alcuni personaggi che avevamo incontrato nei suoi libri precedenti, cioè Circolo chiuso e La banda dei brocchi (ma se non li avete letti non preoccupatevi, non è necessario conoscerli per seguire la trama di Middle England). Il romanzo si apre con il funerale della madre di Ben e Lois Trotter, fratello e sorella profondamente legati e cresciuti negli anni Settanta a Birmingham, nel cuore dell'Inghilterra. La vita poi li ha portati in direzioni diverse: Ben ha inseguito per anni un sogno d'amore impossibile e si è ritirato a vivere in un ex mulino sul fiume Severn, mentre Lois ha tagliato i ponti con la città natale, nella quale è stata testimone della morte del fidanzato in un attentato. Intorno a loro ruota il resto della famiglia: Colin, il padre anziano, sempre più conservatore e chiuso in se stesso, il marito di Lois, Sophie, sua figlia, un'intellettuale di sinistra che cerca di fare carriera nel mondo accademico, ma, dopo una serie di delusioni sentimentali con i colleghi, finisce per sposare Ian, un giovanotto per bene ma con vedute politiche molto diverse dalle sue. Non mancano i vecchi amici di Ben: Doug, un giornalista politico che fa la conoscenza di Nigel, un giovane ed entusiasta collaboratore di David Cameron, e Philip, proprietario di una piccola casa editrice. Le vicende personali dei Trotter si snodano sullo sfondo degli eventi storici contemporanei: dai disordini alla periferia di Londra e di altre città del 2011 alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici del 2012 fino al referendum per la Brexit. Jonathan Coe delinea con grande acutezza l'incapacità del governo di capire l'umore di una vasta parte del Paese e il risentimento della classe media bianca verso gli immigrati e il politicamente corretto, esemplificato dall'episodo nel quale Ian ritiene di avere maggior diritto alla promozione in quanto inglese rispetto a una collega di origine straniera. Sophie, profondamente europeista, non riesce a comprendere il profondo disagio del marito e della suocera, che si sentono espropriati dei propri valori, come si capisce in una scena nella quale raccontano a un magnate cinese che l'ultimo governo laburista ha approvato una legge che vieta la caccia alla volpe non per amore degli animali, ma a causa dell'odio di classe. L'Inghilterra è di fatto ormai una nazione multietnica - uno dei migliori amici di Sophie è Sohan, un ragazzo originario dello Sri Lanka e omosessuale -, ma una parte degli stranieri residenti in Inghilterra vorrebbe impedire l'accesso ad altri migranti e il loro scontento corrisponde a quello di Colin, che ricorda con nostalgia il passato e la fabbrica in cui ha lavorato e non trova un senso nel centro commerciale che l'ha sostituita. Qual è davvero l'identità profonda dell'Inghilterra?, si chiede Sohan, e al lettore viene spontaneo aggiungere se è andata persa. Ad oggi non sappiamo come (alcuni osservatori sostengono addirittura se) si svolgerà la Brexit e quali saranno i suoi effetti sul resto dell'Europa. Intanto, per capire i processi che hanno portato a questo punto, non perdetevi Middle England di Jonathan Coe.

Traduzione di Mariagiulia Castagnone, Feltrinelli, 398 pagine, 19 euro, ebook disponibile.




martedì 12 febbraio 2019

Anch'io adoro Montalbano


Gentile (?) ministro Salvini, ieri sera, come molti italiani, ho visto la puntata di Montalbano andata in onda su Rai1. Immaginavo che stamani avrei trovato una reazione da parte sua, dato che lei non si perita di farci sapere come la pensa sugli argomenti più disparati, e temevo che, poiché l'accoglienza dei migranti era al centro dell'episodio trasmesso, lei avrebbe manifestato il proprio disappunto. Invece ho dovuto ricredermi, visto che su Instagram ho trovato questa foto:





Mi permetto quindi di scriverle per parlare con lei del nostro commissario preferito. Come saprà, Montalbano non teme di accogliere chi parla una lingua diversa, arriva da luoghi lontani ed è portatore di abitudini e valori differenti dai nostri: già in tempi non sospetti, nel lontano 1996, quando di migranti non si parlava con i toni di oggi, il commissario e la sua compagna Livia diedero rifugio al “ladro di merendine”, il piccolo François, un bambino di origine tunisina che scappava da una storia di povertà e violenza. Quando si scoprirà che la madre del piccolo è stata uccisa, Salvo e Livia gli troveranno una famiglia affettuosa e serena. Purtroppo, anni dopo, la vita li porterà in direzioni molte diverse, ma il rimpianto per non aver dato a  François il futuro che sognavano per lui continuerà a tormentare il commissario e la sua compagna. Non credo che Montalbano lascerebbe mai in mare per giorni delle persone, vittime senza colpa di un vergognoso ping pong fra gli stati europei, e infine spartite un po' qua e un po' là come argenteria di scarso valore lasciata in eredità da una vecchia zia a nipoti noncuranti. Lei obietterà:“Ma Montalbano è una fiction, non è mica la vita reale”. Certo, ma credo che buona parte del successo dei romanzi di Andrea Camilleri e della bellissima trasposizione televisiva sia dovuta al fatto che Montalbano rappresenta l'Italia più umana e più vera. Quell'Italia in cui gli abitanti di Riace non hanno paura di sostenere il loro sindaco accusato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina, quella in cui i residenti di un paese alle porte di Roma si mobilitano per trovare un tetto ai migranti scacciati all'improvviso dal Cara, quell'Italia in cui una famiglia di Catania decide di condividere un gesto semplice e pieno di affetto, i dolci della domenica, con l'equipaggio della nave di una Ong da giorni ferma in porto. Montalbano è un uomo schivo, che non fotografa né pubblica sui social le prelibatezze preparate dalla governante-cuoca Adelina, e non ha bisogno di sfoggiare divise, perché si è guadagnato il rispetto dei propri collaboratori lavorando quotidianamente al loro fianco. Non è un supereroe: è un uomo comune che cerca di vivere secondo i principi dell'onestà e della giustizia sociale, e quando sbaglia si assume la responsabilità dei propri errori. 
Come vede, ministro, anch'io adoro Montalbano, anche se forse per ragioni diverse dalle sue, che comunque rispetto. La prego solo, ove mai leggesse questa mia, di non replicare mandandomi abbracci e bacioni, come è sua consuetudine quando si confronta con qualcuno che ha idee diverse dalle sue. Noi non ci conosciamo e a me queste manifestazioni di affetto condite da faccine e cuoricini sembrano poco opportune per chi, come lei, ricopre una carica istituzionale. 
Le porgo quindi i miei distinti saluti, 

Un'affezionata lettrice e spettatrice del commissario Montalbano.