Traduzione:
Susanna Basso
Casa editrice:
Einaudi
Pagine: 161
Prezzo: 17.50 euro
Pochi mesi fa mi
sono imbattuta in Olive Kitteridge della
Strout e sono rimasta fulminata dal modo di scrivere di questa autrice. La
trama di Olive Kitteridge ruota
intorno alla vita degli abitanti di una piccola comunità del Maine. Non ci sono
eventi eclatanti: c’è l’esistenza di un piccolo campionario di umanità, ognuno
alle prese con piccoli e grandi problemi quotidiani, con il proprio carattere e
i propri gusti. Se l’autore non sapesse scrivere, un romanzo così risulterebbe
noioso. La Strout, invece, possiede una capacità incredibile di scegliere le
parole, di sezionare le emozioni dei personaggi e mostrarle al lettore in tutte
le loro contraddizioni. Non ha uno stile complesso o artificioso, tutt’altro: racconta
la vita così com’è, senza fronzoli, con una chiarezza abbacinante.
Veniamo a Mi chiamo Lucy Barton. A New York, una
donna deve trascorrere in ospedale alcune settimane per le complicanze seguite
a un’appendicectomia. Ad un certo punto sua madre, con la quale Lucy non ha
contatti da anni, viene a trovarla. Nei pochi giorni in cui si trattiene in
ospedale, fra le due donne si riallaccia un dialogo bloccato da tempo. Per
tenerle compagnia, la madre le racconta vicende accadute ad abitanti del
paesino dell’Illinois in cui Lucy è cresciuta e le parla del fratello e della
sorella. Fra i silenzi di quello che la madre non dice, però, Lucy racconta la
sua storia: un’infanzia poverissima, segnata da mancanze di cure genitoriali al
limite dei maltrattamenti, il disagio provato quando nessuno dei suoi compagni di
scuola voleva giocare con lei. E il
riscatto, iniziato nel momento in cui Lucy, pur di non tornare alla casa gelida
alla fine delle lezioni, decide di rimanere al caldo a scuola il più possibile
e, dopo aver finito i compiti, inizia a leggere di tutto. La sua famiglia non
le perdonerà mai di aver frequentato l’università e di aver lasciato il paese
per vivere in una grande città, ma, nonostante tutto, sua madre viene a tenerle
compagnia quando Lucy ha bisogno. Anni dopo, la donna, diventata scrittrice,
racconterà la propria storia, l’unica che ha: l’amore per la propria famiglia,
un amore mutilato, forse non sempre ricambiato, ma pur sempre amore.