Questo romanzo
comincia nel 1977 a Middlewood, una classica cittadina della provincia americana,
uno di quei posti con le villette di legno ben verniciate, ognuna con il
proprio piccolo giardino e magari un cane. In una di queste case abita la
famiglia Lee, che cerca di mimetizzarsi come può ma non è una famiglia come
tutte le altre: il padre, James, è di origine cinese, mentre Marilyn, la madre,
è americana. Nath, il primogenito, è un ragazzo molto studioso che sogna di
fare l’astronomo e Hannah, l’ultima arrivata, è poco più che una bambina,
quando Lydia, la prediletta dei genitori, scompare. Il suo corpo verrà
ritrovato alcuni giorni dopo in fondo a un lago a pochi metri da casa. Ovviamente
la polizia fa delle domande ai familiari: Lydia di recente si comportava in
modo strano? Frequentava qualcuno? Sembrava triste? Ma no, stava benissimo,
risponde Marilyn, che per la figlia sognava un brillante futuro da medico -
quello che lei non aveva potuto avere per sé - e fin da piccola le aveva
regalato testi scientifici che ora giacciono impolverati nella stanza di Lydia.
Accanto ai libri, altri doni della madre: tanti diari, che Marilyn apre
sperando di capire cosa è accaduto. Ma li trova intonsi. Penso che il silenzio
sia uno degli elementi chiave di questo romanzo: i personaggi, schiacciati
dalle aspettative reciproche, non possono comunicare. Non sono in grado di dire
cosa vorrebbero davvero fare e chi vorrebbero diventare, perché sanno che
deluderebbero le persone che amano. Non riescono a integrarsi nella comunità,
che guarda con sospetto la famiglia metà cinese e metà americana, e non sanno
confortarsi a vicenda. La morte di Lydia infrange l’equilibrio delicatissimo su
cui si reggevano le vite di James, Marilyn, Nath e Hannah e costringe tutti a
fare i conti con i propri segreti.
Ho amato molto il
modo in cui l’autrice svela la psicologia dei personaggi: senza mai giudicare,
ma con grande lucidità, in modo graduale mette a nudo i loro pensieri e
desideri più profondi. Forse Everything I
Never Told You non è uno di quei romanzi che scorrono rapidi: io l’ho letto
con calma perché avevo bisogno di metabolizzare la sofferenza dei personaggi. Di
sicuro, però, non me ne dimenticherò in fretta.(Fonte: latimes.com)