lunedì 30 dicembre 2019

Il party di Elizabeth Day: una miscela esplosiva di ossessioni e potere


Martin Gilmour, rimasto orfano di padre ancora prima di nascere e cresciuto da una madre anaffettiva, è un ragazzino schivo, freddo, a disagio con gli altri. Non ama giocare con i coetanei, anzi, non comprende il senso di quelle attività, è impacciato e non reagisce mai come le altre persone si aspettano. La sua vita sembra però destinata a cambiare quando ottiene una borsa di studio per Burtonbury, una scuola privata di discreto livello, anche se non all'altezza di istituzioni prestigiose come Eton o Harrow. Quando Martin arriva, con una valigia piena di abiti usati e ancora intrisi delle emozioni dei precedenti proprietari, non trova il clima amichevole che aveva immaginato, anzi, come in un copione al quale non c'è via di scampo, Martin è di nuovo oggetto della derisione dei compagni, crudeli come solo gli adolescenti sanno essere. Un giorno, però, mentre Martin viene preso in giro da alcuni ragazzi, sulla porta della camera appare Ben Fitzmaurice: bello, affascinante, con l'incrollabile sicurezza in sé di chi è ricco da generazioni. Basta una sua parola per far cessare le prese in giro ai danni di Martin e quest'ultimo diventa pronto a tutto per compiacere il nuovo amico, per farsi accettare dalla sua famiglia e addirittura rendersi indispensabile. Al punto che Martin, qualche anno dopo il fatidico incontro con Ben, sceglie di proteggere l'amico in una circostanza che avrebbe potuto rivelarsi catastrofica per il suo futuro. Martin diventa così depositario e geloso custode di un segreto e si trasforma nella “piccola ombra” di Ben, legato a lui da un debito di gratitudine che non potrà mai essere estinto. Più di vent'anni dopo, Martin e sua moglie Lucy, rassegnata al ruolo di eterna seconda dopo Ben nell'elenco degli affetti del marito, si uniscono alla folla di invitati accorsi nella villa di Ben e sua moglie Serena per festeggiare il suo quarantesimo compleanno. Fin da subito, però, Martin si rende conto che l'amico, sotto l'abituale maschera di cordialità, è distaccato e a disagio nei suoi confronti. Forse il segreto conservato per tanti anno non è più sufficiente a garantirgli l'amicizia di Ben? Che tutti gli sforzi di Martin si siano rivelati inutili? O addirittura, il legame che li ha uniti per più di vent'anni sta inaspettatamente per spezzarsi?
Il party è un romanzo duro e potente, che indaga sulle relazioni umane, l'amore, il bisogno di sentirsi accettati, ma anche l'arroganza e la crudeltà del potere e la forza delle ossessioni.

Traduzione di Serena Prina, Neri Pozza, 350 pagine, 18 euro, ebook disponibile.






sabato 23 novembre 2019

Podcast a tema libri e non solo


Oggi vorrei parlarvi dei podcast che ho ascoltato ultimamente e che sto continuando a seguire. Ho scoperto che i podcast mi tengono buona compagnia nei ritagli di tempo, mi fanno conoscere posti e vicende di cui sapevo poco o nulla e talvolta raccontano aneddoti ottimi da riutilizzare nelle conversazioni brillanti (voi magari ascoltate podcast da anni, io arrivo sempre tardi, abbiate pazienza). Bando alle ciance e cominciamo con Veleno di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli. Il giornalista di Repubblica Pablo Trincia ricostruisce la vicenda dei "diavoli della Bassa Modenese": alla fine degli anni Novanta, sedici bambini vennero tolti ai genitori, accusati di abusare di loro e di averli coinvolti in terribili riti satanici. Non furono però mai riscontrate prove oggettive, e dopo vent'anni questi eventi diventano un racconto appassionante (e un libro) sui rischi del contagio psicologico, sulla manipolazione e gli intrighi di personaggi senza scrupoli ben più temibili dei diavoli con le corna e il forcone.

Se siete sempre alla ricerca di libri da leggere e amici e parenti non sanno più cosa consigliarvi, lasciateli in pace e provate ad ascoltare Copertina, il podcast curato dallo scrittore Matteo B. Bianchi. In ogni puntata, Matteo B. Bianchi chiacchiera con un libraio, che propone i suoi suggerimenti di lettura (può anche essere un modo per scoprire che vicino a voi c'è un'ottima libreria che non conoscevate), racconta alcune nuove uscite in libreria e regala il consiglio di un autore famoso.

Siete appassionati di storia e in particolare di personaggi che hanno vissuto un'esistenza avventurosa e sono scomparsi in circostanze tragiche o poco chiare? Non perdetevi Bistory, creato e realizzato da Andrea W. Castellanza. In un "racconto pieno di verità e immaginazione" viaggerete nella storia a partire da Yukio Mishima, il più grande scrittore giapponese del '900, conoscerete Magda Goebbels, moglie del ministro più importante di Hitler, andrete nelle Ande al tempo dell'ultimo sovrano Inca, scoprirete i segreti del re Gustavo III di Svezia e non solo.

L'ultimo, ma non per importanza, podcast di cui vorrei parlarvi è Ti mando la posizione, ideato e narrato da Gian Mario Bachetti, Daniele De Bernardin, Matteo Franza e Giovanni De Sanctis. Partendo da un indirizzo, in ogni puntata viene raccontata una storia: dai Simpson alle apparizioni di Medjugorje, passando per i paninari, i Lego e molto altro. Sembra di essere a cena con questi quattro ragazzi simpatici che si divertono a descrivere ambienti, personaggi e situazioni e anche le tematiche più impegnative, come l'esplosione della centrale nucleare di Chernobyl o la Foresta dei Suicidi, non risultano mai pesanti. 

Tutti i podcast che ho citato sono disponibili online e su Spotify. Spero di avervi dato degli spunti interessanti, buon ascolto!



domenica 20 ottobre 2019

Pisa Book Festival


Dal 7 al 10 novembre torna il Pisa Book Festival: 250 eventi, 160 editori e tantissimi ospiti italiani e internazionali. Quest'anno l'ospite d'onore è l'Europa e il programma prevede incontri con gli autori, presentazioni di libri, conferenze e incontri sulla traduzione. Per tutte le informazioni potete cliccare qui.



martedì 1 ottobre 2019

#paroledasalvare: il tour Zanichelli per preservare la ricchezza della lingua italiana


Vi ricordate Elle Driver, uno dei personaggi di Kill Bill, che ad un certo punto dice, più o meno: “Mi è sempre piaciuto l'aggettivo gargantuesco. Capita così di rado di poterlo usare in una frase”? 




Proprio per salvare i termini desueti Zanichelli ha lanciato l'iniziativa #paroledasalvare: un tour nelle principali piazze italiane e una collaborazione con la casa di moda MSGM. Nelle piazze verrà installato un grande vocabolario con un monitor touchscreen che proporrà a rotazione 5 dei 3126 lemmi da salvare. Dopo aver scelto il vocabolo che si desidera difendere, si potrà condividerlo sui social oppure inviando una tradizionale cartolina. Mi sembra una bellissima iniziativa per tutelare le molteplici sfumature della nostra lingua, per scoprire o ritrovare termini poco utilizzati ed esprimersi sempre con la parola più adeguata. Per saperne di più, cliccate qui.

sabato 21 settembre 2019

Perché Carnival Row è la serie da vedere in questo momento


Non sono una grande fan del fantasy, per cui non pensavo che avrei mai scritto questo post, e invece eccomi qua. Carnival Row è infatti una serie fantasy/steampunk ambientata a Burgue, una città che ricorda la Londra dell'Ottocento, nella quale convivono umani e creature fantastiche come fate, coboldi, fauni e altre, non tutte piacevoli da incontrare di notte in un vicolo male illuminato. La convivenza fra uomini e esseri di altre specie è tutt'altro che pacifica: in seguito a una guerra terribile, molte creature fantastiche sono state costrette a cercare rifugio a Burgue, ma hanno trovato la diffidenza, quando non l'aperta ostilità, degli uomini. Gli esseri fantastici sono quindi costretti a vivere a Carnival Row e molti di loro devono mantenersi svolgendo lavori umili o addirittura degradanti, come prostituirsi. 


All'inizio della serie incontriamo l'ispettore Rycroft Philostrate, detto Philo (che ha il volto di Orlando Bloom), sulle tracce di un assalitore misterioso che semina il panico a Carnival Row. Molto presto, però, Philo dovrà fare i conti con la furia cieca di una creatura che lascia dietro di sé cadaveri orribilmente mutilati. Philo è un uomo, ma al contrario di molti suoi colleghi ritiene che la giustizia sia un diritto per tutti e non si ferma di fronte alla magia (peraltro ad un certo punto si dice che gli uomini chiamano “magia” quello che non sono in grado di comprendere). Durante la guerra che ha causato la devastazione delle terre delle specie fantastiche, Philo ha conosciuto la fata Vignette Stonemoss, interpretata magistralmente da Cara Delevingne.



Vignette è un'eroina forte, un personaggio femminile coraggioso che affronta le difficoltà a testa alta e non ha paura di mettersi in gioco. A Burgue rincontrerà Philo, ma non sarà una rimpatriata fra vecchi amici, perché lo credeva morto. Philo è un uomo giusto, ma deve fare i conti con le proprie origini e questo non è semplice in un mondo in cui non sono ammesse le sfumature.

Forse avrete già capito perché ho intitolato questo post “Perché Carnival Row è la serie da vedere in questo momento”. Carnival Row, attraverso la finzione delle creature fantastiche, parla di noi: dei politici che strillano “Prima gli italiani” (o gli inglesi, o i francesi, o quello che volete), dei disperati che scappano dalle guerre e si ritrovano sui barconi, degli sfruttatori, di chi cerca di ricominciare da capo in luogo che non è casa e trova solo disprezzo, ma anche di chi prova a far sentire la propria voce per dire che tutto questo non è giusto. Burgue è una città grigia e soffocata dall'inquinamento come tante metropoli moderne, con i palazzi signorili dei ricchi a poca distanza dai quartieri sporchi in cui si affollano masse di emarginati. Carnival Row parla di razzismo, di odio e brama di potere, ma anche di accettazione di sé e degli altri, di amicizia e di amore, come la relazione fra Imogen, discendente di un'antica famiglia impoveritasi a causa degli investimenti fatti dal suo sprovveduto fratello, e Agreus, un fauno arricchitosi in modo poco chiaro che cerca di entrare nella buona società. 


La prima stagione di Carnival Row (otto puntate di circa un'ora ciascuna) è disponibile su Amazon Prime Video in lingua originale e dal 22 novembre 2019 con il doppiaggio in italiano.


venerdì 13 settembre 2019

Viaggio in Texas orientale con Texas Blues di Attica Locke


La Highway 59 taglia come una ferita la piccola città di Lark, meno di duecento anime: da una parte c'è la caffetteria di Geneva, un porto sicuro per i neri in viaggio, e dall'altra la villa in stile Monticello di Wally Jefferson, che invece con i neri non vuole avere niente a che fare. Il Texas, infatti, è ancora fortemente pervaso dal razzismo e quando dal bayou (una sorta di palude) riaffiorano i cadaveri di un avvocato di colore di Chicago, ma originario del Texas, e di una giovane donna bianca del luogo, per lo sceriffo sarebbe molto semplice archiviare la faccenda come un tentativo di stupro finito male e metterci una pietra sopra. Il ranger nero Darren Mathews, però, avverte subito una nota stonata e decide di approfondire. Darren è stato cresciuto dai due zii, fratelli gemelli, uno avvocato e l'altro Ranger, e, per quanto il Texas sia un posto difficile per le persone di colore, è casa sua e ha detto no alla tentazione di andarsene. Studia per diventare avvocato quando avviene quello che lui definisce il suo 11 settembre: i fatti di Jasper, cioè il brutale assassinio dell'afroamericano James Byrd Jr. ad opera di tre suprematisti bianchi nella cittadina di Jasper, in Texas. In quel momento si rende conto che la sua reale vocazione e il suo desiderio di giustizia possono essere soddisfatti solo arruolandosi nei Texas Ranger. All'inizio del romanzo, Darren sta attraversando un periodo di crisi: ha aiutato un vecchio amico a difendersi dall'aggressione di un bianco, ma deve sottoporsi al processo che ne è seguito, viene sospeso dal servizio e sua moglie, che ha sempre sperato che lui tornasse a studiare legge, lo caccia di casa. Quindi, un po' per non pensare ai problemi coniugali, e un po' perché sospetta che nelle morti a Lark c'entri l'Aryan Brotherhood (un'organizzazione razzista tipo il Ku Klux Klan, ma con i tatuaggi al posto dei cappucci), Darren inizia la propria indagine parallela a quella ufficiale. Pian piano si renderà conto che a Lark i rapporti fra i bianchi e i neri sono molto più complessi e sfumati di quello che appare a un primo sguardo e ricostruirà una storia antica, fatta sì di odio e violenza, ma anche di desideri, amore e passione. Attica Locke, nata in Texas e residente a Los Angeles, racconta la sua terra di origine con toni pieni di affetto, ma senza nascondere nulla delle difficoltà che i cittadini di colore incontrano nella vita quotidiana. Molti elementi del romanzo, infatti, come racconta la stessa autrice in questa intervista, sono reali. Attica Locke celebra il Texas con un romanzo appassionante, sofferto e pulsante di vita come un blues.

Traduzione di Alessandra Padoan, Bompiani, 317 pagine, 18 euro, ebook disponibile.





venerdì 30 agosto 2019

Non solo libri - Il Museo della Follia


Oggi vi propongo un post un po' diverso dal solito per raccontarvi la mia esperienza al Museo della Follia, una mostra itinerante curata da Vittorio Sgarbi, che si può visitare a Lucca fino al 22 settembre 2019. Ho usato non a caso la parola “esperienza” perché il tracciato di questa esposizione invita i visitatori a dimenticare sé stessi per esplorare la realtà di chi convive con la follia o cerca di rappresentarla, addentrandosi in un mondo privo di coordinate riconoscibili, nella consapevolezza, come recita la frase all'ingresso, che non è possibile trovare il filo di Arianna: “Entrate, ma non cercate un percorso, l'unica via è lo smarrimento”. Proprio lo sgomento, infatti, si impadronisce di chi si incammina nelle sale con le pareti scure, nelle quali l'illuminazione è concentrata unicamente sulle opere, quasi a creare un parallelo con una mente ottenebrata dalla pazzia. La mostra segue due binari: da una parte, la rassegna di quadri e sculture di artisti che hanno vissuto sulla propria pelle l'esperienza della follia, come Antonio Ligabue e Gino Sandri, insieme alle opere di coloro che l'hanno raffigurata, come il monumentale e visionario In questo bar non si fa credito di Enrico Robusti e le installazioni di Cesare Inzerillo. Tutto questo è posto a colloquio con reperti provenienti da manicomi italiani, che, è bene ricordarlo, non erano spazi di cura, ma luoghi di contenzione, che avevano l'unica funzione di isolare i pazienti dal resto della società, carceri nelle quali uomini e donne venivano sottoposti a trattamenti brutali e inumani. La voce di Alda Merini dialoga con oggetti di uso comune - indumenti, suppellettili, toccanti lettere dei ricoverati scritte ai loro cari e mai spedite -, un rubinetto che gocciola in eterno sembra raccontare di giornate tutte uguali, scandite solo dai divieti delle infermiere, in un filmato Paolo Crepet regala il suo ricordo di Franco Basaglia. È difficile, forse impossibile, mettersi davvero nei panni di chi ha vissuto l'esperienza del manicomio, ma non si può non provare compassione per queste persone private della dignità. In un'enorme griglia illuminata dai neon ci osservano alcune fotografie di pazienti, molti con lo sguardo assente, e la mente corre alle immagini dei prigionieri dei lager. Il Museo della Follia costituisce una vera immersione in un universo complesso ma affascinante, nel quale tutti noi potremmo trovarci nostro malgrado. Consiglio a tutti di visitarlo, anche se non credo che sia adatto per i bambini. Se avete la possibilità di trascorrere la giornata a Lucca, potete arrivare in treno, raggiungere il museo con una piacevole passeggiata sulle mura e dopo la visita pranzare in uno dei tanti locali del centro storico, visitare il Duomo o la Torre del Guinigi e guardare le vetrine o mangiare un gelato in via Fillungo.

sabato 17 agosto 2019

Le signore in nero di Madeleine St John: amori e femminismo a Sydney negli anni Cinquanta





Cosa vi fa venire in mente la copertina di questo romanzo? A me evoca immagini di feste, conversazioni brillanti, signore con in mano una flûte di champagne, vestite con la petite robe noire che fa tanto Audrey Hepburn. Ma dato che non bisogna giudicare un libro dalla copertina, vi dico subito che le women in black di Madeleine St John sono in realtà le commesse di un grande magazzino di Sydney, riconoscibili appunto dalla divisa nera, purtroppo molto meno affascinante dell'iconico vestito di Holly Golightly. C'è Fay, che colleziona uomini sbagliati, ma non si perde d'animo e continua a sognare il fidanzato che la porterà all'altare, c'è Patty, madre mancata e moglie di un uomo incapace di comunicare, c'è l'efficiente Miss Jacobs, infine c'è la raffinatissima Magda, unica europea del gruppo e per questo ritenuta eccentrica dalle colleghe. Lavorano tutte al reparto Abiti da cocktail, tranne Magda, che in virtù della sua eleganza e della conoscenza delle lingue è la signora dei Modelli esclusivi, “una sorta di grotta rosata illuminata da piccole lampade vezzose e arredata con qualche divanetto elegante” con alle pareti armadi di mogano che custodiscono abiti da sera firmati dai grandi stilisti europei. Poco prima di Natale viene assunta temporaneamente anche Lesley, o meglio Lisa, una ragazzina appena diplomata che sogna di frequentare l'università. Lisa è un topolino di biblioteca, con i vestiti cuciti da sua madre e gli occhiali, ma non si perde d'animo e farà amicizia proprio con la collega che sembra più diversa da lei: Magda, infatti, la prenderà sotto la sua ala e la aiuterà a sbocciare. L'interessante prefazione di Helena Janeczek (vincitrice del Premio Strega 2018 con La ragazza con la Leica) fa notare come questo libro, che a prima vista può sembrare semplicemente una commedia romantica, si presti anche ad altre letture. Siamo negli anni Cinquanta, alla vigilia di un periodo storico denso di cambiamenti epocali, soprattutto per le donne e i loro rapporti con gli uomini. Le relazioni fra i due sessi sono infatti centrali nel romanzo: Fay cerca l'uomo giusto, Patty vive un matrimonio infelice ed è commiserata dalle sorelle perché non ha figli, Lisa cerca di convincere suo padre, che avrebbe voluto un figlio maschio, che anche per una ragazza è importante studiare, anche perché, come dice a un certo punto Miss Jacobs “Una ragazza intelligente è una delle meraviglie del creato”.  E tutte le signore in nero sanno che, nonostante le difficoltà che si troveranno ad affrontare, ognuna di loro avrà la possibilità di diventare la donna che davvero vuole essere. 

Traduzione di Mariagiulia Castagnone, Garzanti, 197 pagine, 16 euro, ebook disponibile.



domenica 28 luglio 2019

I leoni di Sicilia - La saga dei Florio


L'avete visto anche voi in libreria, questo romanzo con in copertina una giovane signora che vi osserva con aria un po' sprezzante, due ragazzi accanto e sullo sfondo il mare che sfuma nel cielo?





E anche voi, come me, vi siete resi conto che associate il nome Florio solo a un vino liquoroso? Stefania Auci mescola una una ricostruzione storica puntigliosa, fatta di ricerche in archivi e biblioteche, all'invenzione romanzesca (qui potete vedere una breve intervista all'autrice) e dipana davanti agli occhi dei lettori la storia di questa famiglia. Si comincia dai primi tentativi di commercio delle spezie dei fratelli Paolo e Ignazio, che nel 1799 lasciano Bagnara Calabra dopo l'ultimo di una serie di terremoti per cercare fortuna a Palermo, che li accoglie in un caos di lingue, colori, sapori e sogni. Ma in città i fratelli Florio conoscono presto anche il disprezzo dei nobili palermitani, che si giocano tutti i loro averi a carte e non possono neanche farsi fare un abito nuovo, ma non darebbero mai in sposa una delle loro figlie a un commerciante che tutti i giorni si sporca le mani in bottega. Mi ha colpito molto proprio il ruolo delle donne in questo romanzo: considerate spesso poco più che una merce di scambio, costrette dalle famiglia a matrimoni combinati, obbligate dai mariti all'obbedienza, ma anche capaci di non cedere su quello che a loro sta davvero a cuore e di consigliare i loro uomini nei momenti di difficoltà. Per i canoni moderni, forse la famiglia dei Florio sarebbe considerata anaffettiva: a parte rari momenti, quasi nessuno riesce a dare un abbraccio spontaneo ai familiari, a regalare un gesto di tenerezza, perché ognuno è chiuso nei propri rancori, nei sogni e nelle paure. Sarà Vincenzo, il figlio di Paolo, a far fruttare il negozio di spezie e a trasformare Casa Florio in un marchio di successo, abbinando un eccezionale fiuto per gli affari a un'imprenditorialità senza scrupoli. Anche Vincenzo, però, nonostante l'amore di Giulia, rimane corroso nel profondo dall'acuta consapevolezza che per l'alta nobiltà di Palermo lui rimane sempre e soltanto un bottegaio. Suo figlio Ignazio, invece, in questo romanzo riesce a muovere i primi passi nel mondo dei nobili e sarà protagonista del secondo volume della saga. Quasi tutti i capitoli portano il nome di una delle merci vendute dai Florio nel corso del tempo (spezie, seta, cortice etc), sono introdotti da un proverbio siciliano e preceduti da una breve sintesi dei fatti storici dell'epoca.

Editore Nord, 437 pagine, 18 euro, ebook disponibile.

venerdì 28 giugno 2019

La ballata del vecchio marinaio


In questi giorni, seguendo alla tv le vicende della Sea Watch 3, mi è tornata in mente La ballata del vecchio marinaio di Coleridge. In questo testo, un anziano marinaio racconta a un giovanotto alcuni strani eventi dei quali è stato protagonista. La nave sulla quale si trovava insieme ai compagni solcava un paesaggio di ghiacci quando un albatro comincia a seguirli. L'uccello diventa una presenza costante per la ciurma e la navigazione procede con serenità, ma ad un certo punto, senza un motivo apparente, il marinaio lo uccide. Da quel momento, il soprannaturale si impossessa della nave: il vento cade all'improvviso, il sole, “iniettato di sangue” (traduzione di Franco Marucci, edizione Mondadori), brucia il viso e le gole dei marinai, l'imbarcazione si ferma “come la sagoma d'una nave in mezzo a un oceano dipinto”. In questa calma irreale, gli uomini vedono mostri marini, presenze spettrali, fuochi fatui, mentre sono riarsi dalla sete, perché c'è acqua ovunque, “ma non un goccio da bere”. La ciurma accusa il marinaio di aver provocato queste sciagure con l'uccisione dell'albatro, ma il morale di tutti si risolleva quando all'orizzonte appare una nave. Ben presto, però, i marinai si rendono conto che non otterranno aiuto: l'imbarcazione, infatti, è in realtà un relitto governato da uno scheletro e una figura femminile, bellissima ma con “la pelle bianca come la lebbra”. I due fanno una partita a dadi e lo scheletro, cioè la Morte, vince i compagni del marinaio, che uno dopo l'altro cadono a terra privi di vita. Il vecchio marinaio rimane solo e vede dei serpenti marini: invece di provare ribrezzo, è affascinato da loro e li benedice, spezzando così l'incantesimo malefico che lo tiene in ostaggio. Credo che i migranti che tutt'ora si trovano davanti alle nostre coste, fuggiti dai loro Paesi e dalle atrocità delle prigioni in Libia, da due settimane in balia delle onde in un giugno eccezionalmente caldo, potrebbero farci un racconto simile a quello del vecchio marinaio. Anche noi abbiamo ucciso l'albatro: l'umanità e la compassione, sacrificate in un gioco politico nel quale non sembra esserci posto per il rispetto della dignità delle persone. Siamo tutti sulla Sea Watch 3 e assistiamo alle partite a dadi fra i governi europei, alle esibizioni di forza di chi dovrebbe guidarci e invece fa leva sulle nostre paure per tenerci in pugno. Non ho soluzioni pronte per la questione complessa dell'immigrazione, che sicuramente deve essere affrontata da tutte le nazioni europee e per la quale non può bastare un generico buonismo. Ma se perdiamo l'empatia, l'umanità e il rispetto per i diritti umani, la nostra sorte non potrà che essere simile all'incubo vissuto dal protagonista della ballata di Coleridge. Una volta tornato a casa, il vecchio marinaio ha una missione: raccontare a tutti ciò che è accaduto sulla nave, portare la propria testimonianza affinché quello che è successo non si ripeta più. Non cambiamo canale quando il telegiornale ci aggiorna sugli sbarchi dei migranti, cerchiamo di capirne di più, ascoltiamo chi parla una lingua diversa dalla nostra e ha negli occhi degli orrori che noi, come il giovane invitato a nozze al quale il marinaio racconta la propria storia, possiamo solo tentare di immaginare. Non perdiamo la capacità di accogliere e di indignarci per le persone morte in mare o mentre attraversavano un fiume con il sogno di raggiungere una vita migliore.

venerdì 19 aprile 2019

Salone del Libro di Torino


Quest'anno il Salone Internazionale del Libro di Torino si svolgerà dal 9 al 13 maggio, come di consueto al Lingotto. La regione ospite sono le Marche e la lingua ospite è lo spagnolo. Per il programma e tutte le informazioni cliccate qui.




mercoledì 13 marzo 2019

Un matrimonio americano di Tayari Jones


Roy e Celestial, entrambi di colore e originari del sud degli Stati Uniti, sono sposati da poco più di un anno e hanno tutta la vita davanti a sé. Sono giovani, si amano, Roy ha un lavoro abbastanza ben pagato e Celestial è un'artista di talento. Celestial è intelligente, indipendente, bella e con una certa tendenza al melodramma e Roy è innamorato perso di lei, anche se ogni tanto non disdegna di fare colpo su altre donne. Una sera, dopo aver fatto visita ai genitori di Roy, la coppia va a dormire in un hotel e Roy svela alla moglie un elemento del proprio passato del quale non era mai riuscito a parlarle. Ne segue una discussione e ad un certo punto l'uomo esce dalla camera per andare a riempire il secchiello del ghiaccio. Nel corridoio incontra una signora matura e simpatica, con un braccio al collo, la aiuta ad aprire la finestra della sua stanza e già che c'è le ripara anche il water. Poi torna da sua moglie, i due si riconciliano e vanno a letto. Poche ore dopo, vengono svegliati brutalmente dalla polizia e Roy viene accusato di un crimine che non ha commesso. Al termine di un processo piuttosto sbrigativo riceve una condanna a dodici anni di carcere, poi ridotti a cinque. Celestial testimonia che il marito ha dormito con lei, ma Roy, un uomo di colore, per la giuria è il colpevole perfetto. La storia si svolge in un periodo imprecisato ma vicino a noi, ma l'odio razziale, soprattutto nel sud degli Usa, è ancora vivo. I genitori di Roy hanno lavorato duramente tutta la vita per permettergli di frequentare l'università e Roy è nato un anno dopo l'assassinio di Martin Luther King in un reparto maternità non segregato, ma questo non cambia la situazione. La vita della coppia viene sconvolta e le lettere che i due si scambiano durante la detenzione dell'uomo, prima piene d'amore e poi sempre più gravate dal rancore e da accuse reciproche, mostrano il progressivo deteriorarsi del rapporto fra i coniugi. Nel delicatissimo equilibrio matrimoniale si inserisce anche Andre, il miglior amico di Celestial, innamorato di lei fin dall'infanzia, e quando Roy esce di prigione la resa dei conti non potrà che essere durissima per tutti. In un romanzo suddiviso in capitoli come partiture musicali in ognuno dei quali è un personaggio a parlare, Tayari Jones indaga sulla difficoltà di conciliare gli impulsi del cuore, i dettami della coscienza e i desideri personali di ognuno.

Traduzione di Ada Arduini, Neri Pozza, 364 pagine, 18 euro, ebook disponibile.



sabato 2 marzo 2019

La paranza dei bambini: il libro e il film


La paranza dei bambini di Saviano è un romanzo di formazione in negativo. Nicolas Fiorillo, quindicenne nato in una famiglia lontana dalla criminalità e tutto sommato neanche poverissima (il padre è professore di educazione fisica in una scuola, la madre possiede una tintoria), decide di approfittare di un vuoto di potere per creare un nuovo gruppo criminale che abbia il controllo del quartiere. Insieme ad alcuni amici dai soprannomi improbabili - Biscottino, Drago’, Dentino - e con l’appoggio di un vecchio boss ora ai domiciliari, Nicolas si inserisce nel controllo delle piazze di spaccio, delle estorsioni, del pizzo ai negozianti. Nicolas sa bene che in due o tre giorni può accumulare la somma che suo padre guadagna in un mese ed è animato da una convinzione semplice ma incrollabile: nella vita freghi gli altri o sei fregato da loro, non ci sono altre possibilità. A scuola ha letto Machiavelli e la sua ambizione è diventare come il Principe: un capo non amato da coloro che lo circondano, perché chi oggi ti ama domani potrebbe ribellarsi contro di te, ma temuto, perché chi ti teme ha paura di te e ti rispetta. Seppure con qualche difficoltà iniziale dovuta all’inesperienza, Nicolas e i suoi amici si fanno strada nella criminalità e i soldi cominciano ad arrivare. Non c’è nessuna progettualità nell’uso di questo denaro: i soldi servono per procurarsi immediatamente ciò che si desidera, che siano scarpe o magliette firmate, orologi di lusso o regali per le fidanzate. Gli oggetti costosi devono essere ostentati perché costituiscono un messaggio per chi li guarda: “Vedi, posso permettermi questo, ho i soldi e tu mi devi rispettare”. Nicolas sembra privo di empatia: è mosso solo dal desiderio di incutere paura e ottenere il comando. Non c’è comunicazione con i suoi familiari, se non con il fratello minore, che però lo venera e non lo contraddice, e non ha un legame profondo con la fidanzata, della quale è molto geloso ma con cui non si confida mai. 
Nicolas del film diretto da Claudio Giovannesi, invece, è quasi simpatico. Il padre non appare e il ragazzo assume il ruolo di capofamiglia: si preoccupa per la madre, le regala i mobili nuovi in perfetto stile Gomorra, fa sì che non debba più pagare il pizzo per il negozio. Anche nel film il protagonista non esita a vendere droga a ragazzi poco più grandi di lui e a imbracciare le armi, ma, anche grazie al sorriso aperto, risulta molto più umano rispetto alla controparte del romanzo. Vari elementi importanti nel libro, come la lotta fra bande criminali, la sopraffazione e le intimidazioni, nel film risultano più sfumati. Non sono sicura che il film riesca a trasmettere appieno l’urgenza del protagonista e dei suoi amici di ottenere tutto e subito, perché la vita del criminale è pericolosa e può spezzarsi all’improvviso. Sia nel libro che nel film, invece, colpisce l’assenza di un modello alternativo: nessuno sembra ribellarsi alle prepotenze, agli spari che arrivano senza un perché, alle infiltrazioni criminali in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Non esiste la speranza di un futuro diverso e né le famiglie né la scuola offrono a questi ragazzi il sogno di un orizzonte diverso da quello dei condomini in rovina e dei vicoli sporchi, dove l’unica possibilità di riscatto è offerta dalla criminalità (ma a quale prezzo?).

venerdì 15 febbraio 2019

Middle England di Jonathan Coe: il romanzo da leggere se volete capire come si è arrivati alla Brexit


In questo romanzo, che copre un arco temporale che va dall'aprile 2010 al settembre 2018, Jonathan Coe riprende le fila della vita di alcuni personaggi che avevamo incontrato nei suoi libri precedenti, cioè Circolo chiuso e La banda dei brocchi (ma se non li avete letti non preoccupatevi, non è necessario conoscerli per seguire la trama di Middle England). Il romanzo si apre con il funerale della madre di Ben e Lois Trotter, fratello e sorella profondamente legati e cresciuti negli anni Settanta a Birmingham, nel cuore dell'Inghilterra. La vita poi li ha portati in direzioni diverse: Ben ha inseguito per anni un sogno d'amore impossibile e si è ritirato a vivere in un ex mulino sul fiume Severn, mentre Lois ha tagliato i ponti con la città natale, nella quale è stata testimone della morte del fidanzato in un attentato. Intorno a loro ruota il resto della famiglia: Colin, il padre anziano, sempre più conservatore e chiuso in se stesso, il marito di Lois, Sophie, sua figlia, un'intellettuale di sinistra che cerca di fare carriera nel mondo accademico, ma, dopo una serie di delusioni sentimentali con i colleghi, finisce per sposare Ian, un giovanotto per bene ma con vedute politiche molto diverse dalle sue. Non mancano i vecchi amici di Ben: Doug, un giornalista politico che fa la conoscenza di Nigel, un giovane ed entusiasta collaboratore di David Cameron, e Philip, proprietario di una piccola casa editrice. Le vicende personali dei Trotter si snodano sullo sfondo degli eventi storici contemporanei: dai disordini alla periferia di Londra e di altre città del 2011 alla cerimonia di apertura dei Giochi olimpici del 2012 fino al referendum per la Brexit. Jonathan Coe delinea con grande acutezza l'incapacità del governo di capire l'umore di una vasta parte del Paese e il risentimento della classe media bianca verso gli immigrati e il politicamente corretto, esemplificato dall'episodo nel quale Ian ritiene di avere maggior diritto alla promozione in quanto inglese rispetto a una collega di origine straniera. Sophie, profondamente europeista, non riesce a comprendere il profondo disagio del marito e della suocera, che si sentono espropriati dei propri valori, come si capisce in una scena nella quale raccontano a un magnate cinese che l'ultimo governo laburista ha approvato una legge che vieta la caccia alla volpe non per amore degli animali, ma a causa dell'odio di classe. L'Inghilterra è di fatto ormai una nazione multietnica - uno dei migliori amici di Sophie è Sohan, un ragazzo originario dello Sri Lanka e omosessuale -, ma una parte degli stranieri residenti in Inghilterra vorrebbe impedire l'accesso ad altri migranti e il loro scontento corrisponde a quello di Colin, che ricorda con nostalgia il passato e la fabbrica in cui ha lavorato e non trova un senso nel centro commerciale che l'ha sostituita. Qual è davvero l'identità profonda dell'Inghilterra?, si chiede Sohan, e al lettore viene spontaneo aggiungere se è andata persa. Ad oggi non sappiamo come (alcuni osservatori sostengono addirittura se) si svolgerà la Brexit e quali saranno i suoi effetti sul resto dell'Europa. Intanto, per capire i processi che hanno portato a questo punto, non perdetevi Middle England di Jonathan Coe.

Traduzione di Mariagiulia Castagnone, Feltrinelli, 398 pagine, 19 euro, ebook disponibile.




martedì 12 febbraio 2019

Anch'io adoro Montalbano


Gentile (?) ministro Salvini, ieri sera, come molti italiani, ho visto la puntata di Montalbano andata in onda su Rai1. Immaginavo che stamani avrei trovato una reazione da parte sua, dato che lei non si perita di farci sapere come la pensa sugli argomenti più disparati, e temevo che, poiché l'accoglienza dei migranti era al centro dell'episodio trasmesso, lei avrebbe manifestato il proprio disappunto. Invece ho dovuto ricredermi, visto che su Instagram ho trovato questa foto:





Mi permetto quindi di scriverle per parlare con lei del nostro commissario preferito. Come saprà, Montalbano non teme di accogliere chi parla una lingua diversa, arriva da luoghi lontani ed è portatore di abitudini e valori differenti dai nostri: già in tempi non sospetti, nel lontano 1996, quando di migranti non si parlava con i toni di oggi, il commissario e la sua compagna Livia diedero rifugio al “ladro di merendine”, il piccolo François, un bambino di origine tunisina che scappava da una storia di povertà e violenza. Quando si scoprirà che la madre del piccolo è stata uccisa, Salvo e Livia gli troveranno una famiglia affettuosa e serena. Purtroppo, anni dopo, la vita li porterà in direzioni molte diverse, ma il rimpianto per non aver dato a  François il futuro che sognavano per lui continuerà a tormentare il commissario e la sua compagna. Non credo che Montalbano lascerebbe mai in mare per giorni delle persone, vittime senza colpa di un vergognoso ping pong fra gli stati europei, e infine spartite un po' qua e un po' là come argenteria di scarso valore lasciata in eredità da una vecchia zia a nipoti noncuranti. Lei obietterà:“Ma Montalbano è una fiction, non è mica la vita reale”. Certo, ma credo che buona parte del successo dei romanzi di Andrea Camilleri e della bellissima trasposizione televisiva sia dovuta al fatto che Montalbano rappresenta l'Italia più umana e più vera. Quell'Italia in cui gli abitanti di Riace non hanno paura di sostenere il loro sindaco accusato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina, quella in cui i residenti di un paese alle porte di Roma si mobilitano per trovare un tetto ai migranti scacciati all'improvviso dal Cara, quell'Italia in cui una famiglia di Catania decide di condividere un gesto semplice e pieno di affetto, i dolci della domenica, con l'equipaggio della nave di una Ong da giorni ferma in porto. Montalbano è un uomo schivo, che non fotografa né pubblica sui social le prelibatezze preparate dalla governante-cuoca Adelina, e non ha bisogno di sfoggiare divise, perché si è guadagnato il rispetto dei propri collaboratori lavorando quotidianamente al loro fianco. Non è un supereroe: è un uomo comune che cerca di vivere secondo i principi dell'onestà e della giustizia sociale, e quando sbaglia si assume la responsabilità dei propri errori. 
Come vede, ministro, anch'io adoro Montalbano, anche se forse per ragioni diverse dalle sue, che comunque rispetto. La prego solo, ove mai leggesse questa mia, di non replicare mandandomi abbracci e bacioni, come è sua consuetudine quando si confronta con qualcuno che ha idee diverse dalle sue. Noi non ci conosciamo e a me queste manifestazioni di affetto condite da faccine e cuoricini sembrano poco opportune per chi, come lei, ricopre una carica istituzionale. 
Le porgo quindi i miei distinti saluti, 

Un'affezionata lettrice e spettatrice del commissario Montalbano.

mercoledì 30 gennaio 2019

Navi a perdere di Carlo Lucarelli


Questo breve libro, a metà fra l'inchiesta e il romanzo, inizia con il racconto delle ultime ore di vita del capitano di fregata Natale De Grazia, un ufficiale della Marina Militare che il 12 dicembre del 1995 era partito da Reggio Calabria insieme a due carabinieri per andare a La Spezia. Il capitano non stava andando in vacanza: il motivo del suo viaggio era indagare sull'affondamento in circostanze poco chiare di alcune navi. I tre uomini si fermano a cena e ripartono in fretta, ma all'altezza di Nocera Inferiore il capitano accusa un malore e muore poco dopo, ufficialmente a causa di un arresto cardio-circolatorio, anche se da subito sorgono dei dubbi su questa versione e nel 2012 una perizia stabilirà che De Grazia è deceduto per una causa tossica. Dopo la sua morte, le indagini sulle navi a perdere rallentano e dopo poco tempo si fermano. Su cosa stava indagando il capitano? Carlo Lucarelli, che spesso si è occupato di fatti di cronaca, conduce il lettore nei meandri di una di quelle storie nere che nessuno vorrebbe mai scoprire, ma che  si verificano fin troppo spesso. L'espressione “navi a perdere”, infatti, indica delle imbarcazioni che la criminalità organizzata riempie di rifiuti tossici e che vengono poi fatte affondare deliberatamente con il loro carico che inquina il mare, gli organismi marini e tutti noi. Lo smaltimento dei rifiuti è un business estremamente lucrativo (vi consiglio in proposito l'inchiesta di Fanpage Bloody Money) e in particolare quello dei rifiuti tossici, per i quali è spesso difficile trovare una soluzione, è un piatto ricco per la malavita. L'autore svela quindi un quadro nel quale ecomafie senza scrupoli, con la complicità di politici, faccendieri e equipaggi delle navi - spesso formato da stranieri che dopo l'affondamento delle imbarcazioni svaniscono nel nulla - ricavano un lauto guadagno facendo sparire diossina, torio (che è radioattivo) e rifiuti tossici di vario genere. Lucarelli porta il lettore in un percorso che parte dalle indagini del capitano De Grazia fino alla morte della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e del suo cineoperatore di fiducia Miran Hrovatin, assassinati a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo del 1994, proprio nel corso di un'inchiesta sui rifiuti tossici prodotti nei Paesi del “primo mondo” e inviati nelle nazioni africane in cambio di armi e tangenti. Non si contano i depistaggi, le contraddizioni, i passaggi non chiari nelle indagini sulla morte della giornalista. Luciana Alpi, madre di Ilaria, si è battuta per 24 anni per avere una verità ufficiale sulla morte della figlia ed è scomparsa a giugno del 2018 senza essere riuscita ad arrivare ai veri mandanti dell'assassinio di Ilaria e di Miran Hrovatin. Forse un giorno sapremo chi ha decretato che Ilaria Alpi e il suo cineoperatore avevano scoperto troppe cose imbarazzanti e bisognava tappargli la bocca. Nel frattempo, leggete Navi a perdere e ricordatevi che nel 2018 nel mondo 80 giornalisti sono stati uccisi perché avevano scelto di raccontare la verità.   

Einaudi, 75 pagine, 10 euro.



lunedì 14 gennaio 2019

Dai tuoi occhi solamente: biografia romanzata di una grande fotografa sconosciuta



Avete mai sentito parlare di Vivian Maier? Se la risposta è no, non preoccupatevi: probabilmente fate parte della maggioranza di coloro ai quali questo nome non dice nulla. Anch'io non l'avevo mai sentita nominare fino a qualche mese fa, quando ho letto su un giornale un articolo che raccontava la sua esistenza, anonima e straordinaria al tempo stesso. Vivian Maier ha lavorato per quasi tutta la vita come bambinaia per le famiglie abbienti di Chicago, senza essere mai notata da nessuno, ma con la macchina fotografica sempre a portata di mano, pronta a fissare sulla pellicola tutto quello che la colpiva. Vivian era affascinata dagli attimi di verità che si svelano all'improvviso e dalle vite ai margini della società, e scattava d'impulso, senza chiedere il permesso ai soggetti ritratti e senza curarsi degli sguardi perplessi. In vita ha sviluppato solo una piccola parte delle sue fotografie e non le ha mai mostrate a nessuno. Se oggi possiamo ammirare il suo lavoro è solo grazie a un colpo di fortuna. Vivian morì a ottantatré anni nel 2009, senza sapere che due anni prima il contenuto di cinque armadi in un deposito il cui affitto non era stato rinnovato era stato comprato per 250 dollari da un banditore d'aste. Il figlio di un rigattiere, John Maloof, acquistò poi dalla casa d'aste per 380 dollari (circa 330 euro) circa tremila negativi e vari rullini e quando iniziò a sviluppare le foto si rese conto che avevano un enorme valore. Riuscì a scoprire chi era l'autrice degli scatti, e, poiché Vivian era defunta senza lasciare eredi né un testamento, Maloof divenne proprietario di quasi tutta la sua produzione. Non sappiamo se Vivian avrebbe voluto diventare famosa, ma non possiamo che esserle grati per le testimonianze di vita quotidiana che ci ha lasciato (e che potete vedere qui). Partendo dai pochi elementi su Vivian che conosciamo con certezza, Francesca Diotallevi costruisce un ritratto intenso e profondo: la sua Vivian è una donna che ha vissuto un'infanzia infelice, segnata dagli abusi e dalla mancanza di amore. Non ha conosciuto suo padre e la madre, una donna rancorosa e collerica, l'ha sballottata tra Stati Uniti e Francia, in cerca di una normalità irraggiungibile. Vivian ha dovuto imparare presto a badare a sé stessa e ha fatto di tutto per rendersi invisibile agli occhi degli altri, per non crearsi legami, per costruirsi una corazza che la tenesse al riparo dalla sofferenza. Non ha mai smesso, però, di guardare con curiosità le vite di chi la circondava, di scrutare, non vista, la quotidianità degli altri, per cercare gli istanti di intimità che aveva scelto di precludersi.


Neri Pozza, 207 pagine, 16.50 euro, ebook disponibile.