sabato 2 marzo 2019

La paranza dei bambini: il libro e il film


La paranza dei bambini di Saviano è un romanzo di formazione in negativo. Nicolas Fiorillo, quindicenne nato in una famiglia lontana dalla criminalità e tutto sommato neanche poverissima (il padre è professore di educazione fisica in una scuola, la madre possiede una tintoria), decide di approfittare di un vuoto di potere per creare un nuovo gruppo criminale che abbia il controllo del quartiere. Insieme ad alcuni amici dai soprannomi improbabili - Biscottino, Drago’, Dentino - e con l’appoggio di un vecchio boss ora ai domiciliari, Nicolas si inserisce nel controllo delle piazze di spaccio, delle estorsioni, del pizzo ai negozianti. Nicolas sa bene che in due o tre giorni può accumulare la somma che suo padre guadagna in un mese ed è animato da una convinzione semplice ma incrollabile: nella vita freghi gli altri o sei fregato da loro, non ci sono altre possibilità. A scuola ha letto Machiavelli e la sua ambizione è diventare come il Principe: un capo non amato da coloro che lo circondano, perché chi oggi ti ama domani potrebbe ribellarsi contro di te, ma temuto, perché chi ti teme ha paura di te e ti rispetta. Seppure con qualche difficoltà iniziale dovuta all’inesperienza, Nicolas e i suoi amici si fanno strada nella criminalità e i soldi cominciano ad arrivare. Non c’è nessuna progettualità nell’uso di questo denaro: i soldi servono per procurarsi immediatamente ciò che si desidera, che siano scarpe o magliette firmate, orologi di lusso o regali per le fidanzate. Gli oggetti costosi devono essere ostentati perché costituiscono un messaggio per chi li guarda: “Vedi, posso permettermi questo, ho i soldi e tu mi devi rispettare”. Nicolas sembra privo di empatia: è mosso solo dal desiderio di incutere paura e ottenere il comando. Non c’è comunicazione con i suoi familiari, se non con il fratello minore, che però lo venera e non lo contraddice, e non ha un legame profondo con la fidanzata, della quale è molto geloso ma con cui non si confida mai. 
Nicolas del film diretto da Claudio Giovannesi, invece, è quasi simpatico. Il padre non appare e il ragazzo assume il ruolo di capofamiglia: si preoccupa per la madre, le regala i mobili nuovi in perfetto stile Gomorra, fa sì che non debba più pagare il pizzo per il negozio. Anche nel film il protagonista non esita a vendere droga a ragazzi poco più grandi di lui e a imbracciare le armi, ma, anche grazie al sorriso aperto, risulta molto più umano rispetto alla controparte del romanzo. Vari elementi importanti nel libro, come la lotta fra bande criminali, la sopraffazione e le intimidazioni, nel film risultano più sfumati. Non sono sicura che il film riesca a trasmettere appieno l’urgenza del protagonista e dei suoi amici di ottenere tutto e subito, perché la vita del criminale è pericolosa e può spezzarsi all’improvviso. Sia nel libro che nel film, invece, colpisce l’assenza di un modello alternativo: nessuno sembra ribellarsi alle prepotenze, agli spari che arrivano senza un perché, alle infiltrazioni criminali in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Non esiste la speranza di un futuro diverso e né le famiglie né la scuola offrono a questi ragazzi il sogno di un orizzonte diverso da quello dei condomini in rovina e dei vicoli sporchi, dove l’unica possibilità di riscatto è offerta dalla criminalità (ma a quale prezzo?).

Nessun commento:

Posta un commento